Stiamo entrando in una “spirale di autodistruzione”: il nuovo report shock dell’ONU sulle catastrofi naturali

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Guardando un telegiornale o leggendo un quotidiano si ha sempre più spesso l’impressione di vivere in un incubo, nel quale ad una catastrofe fa immediatamente seguito un’altra in una spirale senza fine: alluvioni, inondazioni, epidemie che colpiscono la popolazione in tutto il mondo, siccità e scarsezza di risorse sembrano non darci tregua.


In realtà, purtroppo, questa non è solo una sensazione, ma è piuttosto una realtà di fatto confermata anche dal nuovo rapporto dell’Ufficio per la riduzione dei rischi connessi ai disastri delle Nazioni Unite (UNDRR), che ha rivelato che il numero dei disastri naturali su scala medio-grande negli ultimi vent’anni è cinque volte superiore alla media registrata nel trentennio precedente. Crisi climatica, inquinamento, distruzione degli ecosistemi sono da considerarsi le cause scatenanti di questa vera e propria apocalisse.

Il report ONU ha registrato da 350 a 500 disastri di entità medio-grande avvenuti ogni anno negli ultimi vent’anni – tra eventi metereologici estremi, pandemie e incidenti chimici. Ma non basta, perché la situazione già drammatica è destinata a peggiorare ancora di più: entro il 2030 si prevedono quasi 600 disastri ambientali ogni anno – ovvero 1,5 al giorno.

Ciò è dovuto all’incalzare della crisi climatica, che dovrebbe far sentire ancora di più i propri effetti nei prossimi anni. Si stima infatti che, entro il 2030, ci saranno tre volte più ondate di caldo estremo rispetto al 2001 e il 30% in più di fenomeni di siccità. E non solo: gli eventi legati al clima sempre più caldo si intrecceranno ad altri disastri, quali pandemie e guerre, mettendo a dura prova popolazioni già provate.

C’è da dire, ovviamente, che la questione è anche economica: eventi climatici estremi e disastri ambientali rappresentano un costo sempre più alto per le economie di tutto il mondo. Si pensi che nel 1990 si spendevano circa 70 miliardi di dollari all’anno per coprire i danni inflitti da eventi meteo anormali – oggi se ne spendono 170.

Dal report ONU emerge anche un cambiamento nella geografia dei disastri ambientali, con regioni del mondo finora non ancora toccate da questi fatti. A farne le spese maggiori sono i Paesi in via di sviluppo e, all’interno di questi territori, le persone più povere. Ogni anno, queste economie perdono circa l’1% del prodotto interno lordo nazionale a causa dei disastri, mentre i Paesi più ricchi si fermano allo 0,1%-0,3% delle perdite. La regione più colpita dai disastri è quella pacifico-asiatica, che ogni anno sacrifica l’1,6% del proprio PIL.

©UNDRR

I disastri possono essere prevenuti, ma solo se i paesi investono tempo e risorse per comprendere e ridurre i loro rischi – ha affermato Mami Mizutori, capo dell’UNDRR. – Ignorando deliberatamente il rischio e non contemplandolo all’interno del processo decisionale, il mondo sta effettivamente finanziando la propria distruzione. I settori critici, dal governo allo sviluppo e ai servizi finanziari, devono ripensare urgentemente a come percepiscono e affrontano il rischio di catastrofi.

Il problema, quindi, è legato anche alla prevenzione dei disastri ambientali, all’investire denaro in modo che le catastrofi non accadano o in modo da limitarne il più possibile i danni. Si pensi, a questo proposito, che circa il 90% delle spese connesse ai disastri si spende attualmente per i soccorsi immediati, il 6% per la ricostruzione e solo il 4% per le opere di prevenzione e messa in sicurezza – decisamente troppo poco per scongiurare che le catastrofi accadano.

©UNDRR

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Fonte: Nazioni Unite

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