Cucchi, Tomasone davanti al giudice: “Era magro e tossicodipendente, ma non mi parlarono di percosse”

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Lo ha raccontato l'allora capo del comando provinciale dei Carabinieri di Roma, Vittorio Tomasone, nel corso di un'udienza del processo sui depistaggio relativi alla morte del giovane geometra romano

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ROMA – Al momento dell’arresto, il 15 ottobre del 2009, e della sua detenzione in camera di sicurezza, Stefano Cucchi “aveva delle condizioni di salute non buone: era molto magro, aveva problemi di tossicodipendenza, si alzava a fatica dalla branda. Ma non fu fatto alcun riferimento a percosse”. Lo ha raccontato l’allora capo del comando provinciale dei Carabinieri di Roma, Vittorio Tomasone, nel corso di un’udienza del processo sui depistaggio relativi alla morte del giovane geometra romano avvenuta il 22 ottobre 2009 (ucciso dalle conseguenze delle percosse subite da due carabinieri), riferendo su cio’ che gli era stato relazionato dal militare di servizio alla stazione di Tor Sapienza, che poi avrebbe portato Cucchi in Tribunale a piazzale Clodio.

Quelle parole Tomasone le raccolse nel corso di una riunione che convoco’ nell’anticamera del suo ufficio il 30 ottobre 2009 (8 giorni dopo la morte di Cucchi) e alla quale parteciparono anche “il comandante del gruppo Roma (generale Casarsa, ndr), i due comandanti della Compagnia, c’erano il maresciallo Mandolini, il maresciallo Colombo Labriola e un altro militare che di sicuro era stato di piantone la notte in cui Cucchi era stato in camera di sicurezza- ha spiegato Tomasone- Volevo vedere tutte le persone che avevano avuto a che fare con Cucchi dal suo arresto al momento della consegna alla Polizia Penitenziaria per capire cosa era effettivamente accaduto, quale ruolo avevano avuto e se c’entravano o meno rispetto a quello che era accaduto a Cucchi“.

Nella sua ricerca di informazioni, Tomasone si concentro’ “sulla detenzione (di Cucchi, ndr) la notte in camera di sicurezza. Uno dei militari mi parlo’ del fatto che aveva chiamato il 118 la notte perche’ Stefano Cucchi aveva suonato il campanello o lo aveva sentito lamentarsi. Feci un accertamento per capire, da una registrazione al 112 di una telefonata, se ci fosse stato qualcosa che poteva inficiare il racconto che stava facendo il militare. Ma dalla telefonata non emerse nulla”.

In quella riunione si parlo’ anche del mancato fotosegnalamento di Cucchi: “Chiesi perche’ non era stato fotosegnalato, mi risposero che si era opposto”, ha replicato inizialmente Tomasone per poi correggersi poco dopo, quando il pm Giovanni Musaro’ gli ha fatto presente che per la prima volta riferiva dell’opposizione di Cucchi.

“Questa cosa (dell’opposizione al fotosegnalamento, ndr) l’ho letta sui giornali- ha continuato Tomasone- Mi dissero che c’era stato un problema ma io non chiesi altro”. Anche perche’ all’ex comandante provinciale di Roma fu detto che “Cucchi era gia’ stato fotosegnalato e non c’era l’esigenza di fotosegnalarlo di nuovo. Non ebbi nessun motivo di pensare a una colluttazione”.

Una deposizione fiume contraddistinta da diversi “non ricordo”, da momenti di polemica col pm Musaro’ e da tanti riferimenti alla stampa, come a proposito degli interessamenti di Tomasone sugli accertamenti medico-legali svolti sul corpo di Stefano Cucchi, in particolare l’incarico conferito dall’allora pm Barba tra il 22 e il 30 ottobre 2009: “Ho ricavato notizie in parte dalla stampa e in parte dove potevamo verificarle ma non ricordo a chi le chiesi. Volevo sapere cosa era stato gia’ accertato e accaduto- ha aggiunto Tomasone- Io e Casarsa interloquimmo sul referto”.

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