Amore: se c’è, ci si dà dei nomignoli (per lei e per lui)

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Relazioni che funzionano, quali sono i trucchi? La ricerca, su questo argomento dell'amore è quanto mai aperta e scomoda scienziati, esperti di psicologia, consigli della nonna e tutto ciò che può aiutare le coppie a durare nel tempo. Forse perfino Indiana Jones, al posto del Sacro Graal, in realtà cercava appunto il segreto per far funzionare le relazioni – materia in cui, tra l’altro, il nostro archeologo preferito non eccelleva.


La ricerca, abbiamo detto più volte, è infinita e spesso cerca di carpire segreti da abitudini più o meno bizzarre di coppie consolidate, studi scientifici, focalizzandosi su ogni aspetto della relazione, dal sesso alle cose da avere in comune.

In tutto questo, avresti mai pensato che i vezzeggiativi potrebbero essere quel segreto che cerchiamo tutti?
Ti piaccia o meno, potrebbe essere così. La notizia può essere buona per chi ama appellare (e farsi chiamare dal partner) con i nomignoli, quella combinazione di tenerezza e ridicolaggine che fa venire l’urticaria alle persone meno propense alle smancerie, soprattutto in pubblico.

Si va dai classici «tesoro», «amore» (ci rifiutiamo di citare l’abbreviazione «amo», lasciandola agli under 18), «gioia» e “si rischia” di arrivare a «cucciolino», «cuoricino», «orsacchiotto», «pucci pucci» etc. Insomma, quando si tratta di vezzeggiativi, in amore non c’è limite, soprattutto se si pesca nel linguaggio che si pensa essere riservato ai bambini piccoli.

E invece no, perché la scienza sostiene che i vezzeggiativi (anche i più infantili) fanno bene all’amore. A sostenere questa teoria è nientepopodimeno di Jean Berko Gleason, neurolinguista nonché professoressa emerita di psicologia dell'Universita di Boston. La dottoressa Gleason ha infatti condotto una ricerca proprio sul linguaggio dell’amore, in base al quale ha stabilito che l’uso di vezzeggiativi teneri sono una dimostrazione importante di amore. Anzi, più i termini richiamano quelli dell’infanzia, meglio è.

«L'uso di questi nomignoli ricorda il linguaggio con cui i genitori, le mamme in particolare, si rivolgono ai bambini piccoli; nell'ambito della coppia, il ricorso a questi appellativi affettuosi e bambineschi è un preciso segno dell'amore e dell'impatto emozionale che si nutre nei confronti della persona amata» sostiene la dottoressa Gleason.
La neurolinguista non ha dubbi: «Utilizziamo questo linguaggio perché, come nel caso dei bambini, amiamo la persona verso la quale indirizziamo il messaggio. Nel cosiddetto amore erotico, ovvero nel sentimento che in età adulta proviamo nei confronti del nostro partner, le basi emozionali sono le stesse che legano i genitori ai loro bambini. Questo modo di parlare, in pratica è frutto dei nostri ricordi infantili del modo amorevole in cui ci parlavano papà e mamma, e ha una sua valenza importante anche in età adulta perché comunica intimità e affetto».

La teoria si appoggia su una base scientifica difficilmente contestabile: «Tutto questo è frutto della chimica dell'amore, in particolare della dopamina, il neurotrasmettitore responsabile della particolare sensazione di benessere che proviamo quando siamo innamorati e sappiamo che il nostro partner ci corrisponde. Questa sostanza si attiva anche nei bambini piccoli in presenza delle coccole di mamma e papà, una situazione in cui il bimbo sperimenta la dolcezza di sentirsi sicuro e amato. Il fatto dunque di rivolgersi al compagno con appellativi in apparenza sciocchi ha le sue radici in questo meccanismo biochimico ed è il sicuro segnale di una buona intesa affettiva di coppia».

In altre parole, quando da adulti veniamo chiamati dal partner con le stesse parole o con termini simili a quelli che i genitori e nonni usavano per chiamarci da piccoli, nella testa si attiva il rilascio di dopamina, sostanza che a sua volta provoca una piacevole sensazione di benessere.

Via libera quindi, a diminutivi e vezzeggiativi teneri, da dire alla partner e da cui lasciarsi chiamare. Magari trovando un punto d’incontro legato ai contesti (a casa, in privato, in pubblico) e ai termini stessi.

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