VIDEO | ‘Il mio Dante’: dai politici agli scrittori il Dantedì dell’Agenzia Dire

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Un racconto corale di ciò che Dante rappresenta per ognuno di noi, il segno che la sua opera ha lasciato nella vita di tutti Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print


Immagine di copertina @Mibact

ROMA – Ci sono scrittori e scrittrici, politici, amministratori locali, sindaci. E poi attori, doppiatori, cantantautrici, ma anche i direttori dei Musei e dei Parchi archeologici, professori ed esperti. Perché il Sommo poeta è nella memoria e nel ricordo di tutti. In occasione della prima edizione del Dantedì, la giornata dedicata a Dante voluta e istituita dal ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, l’agenzia di stampa Dire, con il suo notiziario Cultura, lancia ‘Il mio Dante’ e raccoglie le voci di diverse personalità che raccontano il loro legame con Dante e la sua opera. Chi ha scelto di leggere alcune terzine della Commedia, chi ha ricordato i tempi della scuola, chi ritrova il suo Dante nel lavoro di tutti i giorni. Ognuno ha inviato all’agenzia Dire il proprio contributo video, ognuno lo ha registrato nella propria abitazione o nel proprio luogo di lavoro. Il risultato è un racconto corale di ciò che Dante rappresenta per ognuno di noi, il segno che la sua opera ha lasciato nella vita di tutti.

DARIO NARDELLA

“‘Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza’. Sono i versi delle parole di Ulisse dal 26esimo canto dell’Inferno della Commedia, che ritroviamo anche nel testo ‘Se questo è un uomo’ di Primo Levi, che ricordava a se stesso nel lager nazista queste parole proprio per indicare il desiderio di conoscenza e di dignità umana. La Divina Commedia è questo: lo specchio della nostra vita e della nostra anima”. A parlare del Sommo poeta è Dario Nardella, sindaco di Firenze.

LAURA PUGNO

E’ l’incontro tra Dante e Bonconte da Montefeltro, “un uomo d’armi che come Dante stesso del resto aveva combattuto nella battaglia di Campaldino, tra Guelfi e Ghibellini”, la scelta della scrittrice Laura Pugno per celebrare il Dantedì. “Quelli che sto per leggervi sono alcuni dei versi più belli della Divina Commedia- ha spiegato la scrittrice all’agenzia Dire-. Dante incontra Bonconte da Montefeltro. Il corpo di Bonconte non era mai stato ritrovato. Ecco la spiegazione e la narrazione che ne dà Dante: E io a lui: “Qual forza o qual ventura ti traviò sì fuor di Campaldino, che non si seppe mai tua sepultura?”. “Oh!”, rispuos’elli, “a piè del Casentino traversa un’acqua c’ ha nome l’Archiano, che sovra l’Ermo nasce in Apennino. Là ’ve ’l vocabol suo diventa vano, arriva’ io forato ne la gola, fuggendo a piede e sanguinando il piano. Quivi perdei la vista e la parola; nel nome di Maria fini’, e quivi caddi, e rimase la mia carne sola. Io dirò vero, e tu ’l ridì tra ’ vivi: l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno gridava: “O tu del ciel, perché mi privi? Tu te ne porti di costui l’etterno per una lagrimetta che ’l mi toglie; ma io farò de l’altro altro governo!”.

LUCA RICCI

Lo scrittore toscano, Luca Ricci, ha scelto due terzine del XIII Canto dell’Inferno della Divina Commedia, per omaggiare il primo Dantedì. “Da autore pisano non possono non leggere due terzine molto famose che per uno scrittore pisano sono come una maledizione: Ahi Pisa, vituperio de le genti del bel paese là dove ‘l sì suona, poi che i vicini a te punir son lenti, muovasi la Capraia e la Gorgona, e faccian siepe ad Arno in su la foce, sì ch’elli annieghi in te ogne persona!”.

NADIA TERRANOVA

E’ un ricordo familiare quello che lega la scrittrice Nadia Terranova a Dante. “C’è un episodio che più di tutti per me racconta l’importanza di Dante- dice all’agenzia Dire nel giorno della celebrazione del Sommo Poeta- Negli ultimi anni della sua vita mia nonna, con la quale sono cresciuta e che ho amato tantissimo, e che mi amava tantissimo, non mi riconosceva più. Lei non ricordava, non metteva fuoco esattamente tutti i nomi dei nipoti, ma sapeva ancora declamare a memoria delle terzine di Dante e delle volte ci guardava, sentiva di riconoscerci, non ricordava il nostro nome ma cominciava a declamare la Divina Commedia”.

MARIA IDA GAETA

Ritrovare noi stessi, e la consapevolezza dell’identità italiana, attraverso l’esperienza dell’esilio che fece Dante Alighieri, quando il 10 marzo 1302 fu costretto a lasciare Firenze. E’ la riflessione condivisa con l’agenzia Dire di Maria Ida Gaeta, segretario generale del Comitato nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, e curatrice del nascente Festival Dantesco che si terrà nella Basilica di Massenzio nell’estate 2021, nel giorno del primo Dantedì. “Ha fatto bene il ministro Franceschini a festeggiarlo da remoto, in esilio, senza retorica- sottolinea Gaeta-. E’ un modo per sentirsi uniti e forti nonostante le difficoltà che stiamo vivendo”. Il 10 marzo 1302 inizia l’esilio di Dante da Firenze. “Quel 10 marzo inizia il suo calvario personale, scende nel profondo di se stesso e inizia il cammino interiore che lo porterà a realizzare la Divina Commedia, l’opera da cui è nata la nostra lingua- spiega Gaeta-. Anche il nostro esilio, nelle nostre case, è iniziato intorno al 10 marzo, e questa è una coincidenza piuttosto forte. Lui è il padre della nazione, è il primo che ha una visione dell’Italia unita, quindi penso davvero che insieme a lui possiamo raccordarci a lui e ritrovare la consapevolezza della nostra identità”.

Il prossimo anno ricorrerà il settecentesimo anniversario della morte di Dante e uno degli appuntamenti più attesi è il Festival Dantesco, dieci serate all’interno della Basilica di Massenzio, nello stesso luogo in cui Maria Ida Gaeta per diciotto anni ha organizzato ‘Letterature. Festival internazionale di Roma’. “In un certo senso c’è un filo che lega l’ultima edizione, dedicata ai classici, con quella nascente, dedicata al classico per eccellenza: la Divina Commedia. Dante riassume in sé l’idea di classico- racconta Gaeta-. La mia idea è di rendere omaggio a Dante testimoniando attraverso la voce di grandi scrittori italiani e stranieri, la sua attualità. Il format dovrebbe essere questo: ogni sera il pubblico ascolterà una lettura di Dante, e poi gli scrittori interverranno con un loro inedito che non sarà un commento a quella lettura, ma ci diranno qual è il loro rapporto con il Sommo Poeta”. Il primo tema sarà quello dei ‘Maestri’, così come si apre il I Canto dell’Inferno con Virgilio”.

Intanto però, quando finirà l’emergenza coronavirus, ci sarà l’obbligo di risollevare un settore, quello dell’editoria, in forte crisi. L’Associazione italiana editori ha stimato che a fine 2020 ci saranno 18.600 opere in meno pubblicate, quasi 40 milioni di copie in meno stampate. Inoltre il 61% degli editori ha fatto ricorso alla cassa integrazione. “Dovremo con forza chiedere aiuti per questo settore, bisognerà trovare forme di mobilitazione di pressione politica affinché questo avvenga. Mi auguro con uno spirito unitario per essere più forti nelle richieste e nella riorganizzazione”. Quindi un appello agli scrittori: “Da loro mi aspetto pensieri e idee per rifondare una modalità di vita piuttosto diversa da quella che abbiamo conosciuto finora. Spero che da questa situazione emergano idee concrete di cambiamento. Per esempio, nella scuola l’emergenza ha provocato una accelerazione nella digitalizzazione e questo è un fatto positivo, che va mantenuto. Penso a un collegamento tra il mondo degli intellettuali e quello della scuola. Ma con fatti concreti, fuori dai proclami”.

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