Terrorismo, blitz nel bolognese: misure cautelari per 12 anarchici, 2 percepivano il reddito di cittadinanza

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BOLOGNA – Nasce da “un attentato incendiario perpetrato, nella notte tra il 15 ed il 16 dicembre 2018, ai danni di alcuni ponti ripetitori delle reti televisive nazionali e locali, di apparati di fonia dei ponti radio delle forze di Polizia e antenne di ditte che forniscono servizi di intercettazioni e di sorveglianza audio-video, tutti ubicati a Bologna in via Santa Liberata, localita’ Monte Donato”, l’inchiesta ‘Ritrovo’, che questa mattina ha portato a un blitz nei confronti di 12 anarco-insurrezionalisti. Lo fa sapere la Procura di Bologna, il cui Dipartimento Antiterrorismo, con il pm Stefano Dambruoso, ha coordinato l’indagine condotta dal Ros e dal Comando provinciale dei Carabinieri. Dallo stesso Stato che combattevano due di loro percepivano il reddito di cittadinanza, lo confermano fonti investigative. Dei 12 destinatari dei provvedimenti cautelari, sette sono sottoposti alla custodia cautelare in carcere e cinque all’obbligo di dimora nel Comune di Bologna, di cui quattro con obbligo di presentazione quotidiana alla Polizia giudiziaria. Sono ancora in corso, inoltre, perquisizioni personali e locali a Bologna, Milano e nella provincia di Firenze. I 12 sono ritenuti, a vario titolo, “responsabili di promuovere e organizzare un’associazione finalizzata al compimento di atti di violenza con finalita’ di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico dello Stato“, con l’obiettivo “affermare e diffondere l’ideologia anarco-insurrezionalista e di istigare, con la diffusione di materiale propagandistico, alla commissione di atti di violenza contro ie Istituzioni politiche ed economiche dello Stato impegnate nella gestione dei Centri permanenti di rimpatrio e nella realizzazione di politiche in materia migratoria”.

In occasione dell’attentato da cui e’ scaturita l’indagine, spiega la Procura, “oltre a rinvenire materiale vario necessario ad avviare la combustione, si e’ accertava la presenza della scritta, vergata su una parete della struttura, ‘Spegnere le antenne, risvegliare le coscienze solidali con gli anarchici detenuti e sorvegliati'”. Quest’ultimo elemento “ha fin da subito indirizzato le investigazioni nei confronti di vari esponenti dell’area anarchica attivi a Bologna ed orbitanti nell’alveo dello spazio di documentazione ‘Il Tribolo'”. Le indagini, caratterizzate da “attivita’ di intercettazione, servizi di osservazione e dall’acquisizione di riscontri documentali”, hanno poi permesso di “ricostruire l’esistenza di un’articolata trama di rapporti tra gli indagati e diversi gruppi affini, operanti in varie zone del territorio nazionale, incentrati sulla sistematica attivita’ di istigazione a delinquere”. Attivita’, dettagliano dalla Procura, che veniva svolta “anche avvalendosi di pubblicazioni su blog e siti d’area”, con l’obiettivo di “contrastare, anche ricorrendo alla violenza, le politiche in materia di immigrazione e, in generale, le istituzioni pubbliche ed economiche, con indicazione di obiettivi da colpire e le modalita’ di azione”. Inoltre gli investigatori hanno accertato “il particolare attivismo degli indagati nell’organizzazione e partecipazione a momenti di protesta sfociati in atti di danneggiamento, deturpazione e imbrattamento di luoghi pubblici e privati nonche’, in alcune circostanze, in scontri violenti con le Forze dell’ordine”.

E proprio nel quadro ricostruito dagli investigatori “e’ da collocare l’attentato incendiario di Monte Donato”, che si ritiene sia stato compiuto “nella convinta realizzazione degli scopi eversivi dell’associazione” e per la cui esecuzione “e’ stato fondamentale l’apporto di uno degli indagati, come evidenziato dai gravi indizi raccolti”. L’inchiesta ha poi consentito di contestare agli indagati “l’organizzazione di manifestazioni pubbliche e cortei non autorizzati, con l’obiettivo di contrastare e impedire l’apertura dei Centri permanenti di rimpatrio”.

Manifestazioni sfociate in “scontri violenti con le Forze dell’ordine, danneggiamenti di condomini ed edifici pubblici con scritte di carattere minatorio e offensivo nei confronti delle istituzioni e di sportelli bancomat di istituti di credito come la Banca popolare Emilia-Romagna di Bologna”. A questo si aggiungevano azioni “di supporto” come “la realizzazione e diffusione, anche con l’uso di strumenti informatici, di opuscoli, articoli e volantini dal contenuto istigatorio, tesi ad aggregare nuovi proseliti impegnati nelle loro ‘campagne di lotta’”. Infine, nell’ultimo periodo, caratterizzato dalle misure di contrasto all’emergenza coronavirus, e’ emerso “l’impegno degli appartenenti al sodalizio all’organizzazione di incontri riservati per offrire il proprio diretto sostegno alla campagna ‘anti-carceraria’”, ed e’ stata accertata “la loro partecipazione ai momenti di protesta” alla Dozza. Ecco perche’, conclude la Procura, l’operazione odierna ha anche “una strategica valenza preventiva”, per “evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale causati dall’attuale situazione emergenziale” possano verificarsi “altri momenti di piu’ generale ‘campagna di lotta antistato'”.

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