Da Super League a Super Flop il passo è stato breve. Sono bastate 48 ore per passare dalla grande rivoluzione della Superlega alla grande ritirata, golpe clamorosamente fallito ma del quale si parlerà per anni.


Errori a ripetizione, valutazioni sbagliate e reazioni non preventivate, un mix letale di autogol che hanno portato all'inevitabile conclusione. Oltre a far passare l'aberrante messaggio che solo i più ricchi devono guadagnare, concetto che fa a pugni con ogni elementare idea di sport, competizione e confronto.

Resta però una domanda: perché si è arrivati a questo punto?

La protesta dei giocatori di Premier League contro il progetto della Superlega

Chelsea-Brighton,Premier League – Protesta super league superlega

La protesta dei giocatori di Premier League contro il progetto della Superlega

Pool – Getty Images

7,7 miliardi di debiti

Il punto di partenza è che il progetto della Superlega nasceva sulla base dei debiti, e questo basta e avanza per capire come le fondamenta fossero tutt'altro che solide.

Perché i 12 club firmatari, le squadre più importanti al mondo (del loro livello solo Bayern Monaco e Paris Saint Germain, che non hanno aderito al progetto) sono anche le più indebitate. Ricche solo sulla carta, perché se i fatturati sono milionari, dietro ci sono conti spaventosamente in rosso e un indebitamento che, nel loro complesso, supera i 7,7 miliardi di euro!

Chi sta peggio sono Chelsea (il club di Abramovich paga le spese folli sul mercato e un monte ingaggi spropositato) e Tottenham (gli Spurs anche in virtù della costruzione del nuovo stadio), rispettivamente con 1.510 e 1.280 milioni di euro di debiti. Restando in Inghilterra, il Manchester United ha un debito di oltre mezzo miliardo; chi se la passa meglio è l'Arsenal con soli 125,4 milioni.

Il nuovo stadio del Tottenham, inaugurato il 3 aprile 2019

Tottenham Hotspur-Manchester United Premier League, Tottenham stadium

Il nuovo stadio del Tottenham, inaugurato il 3 aprile 2019

Matthew Childs / IPA

Le tre italiane coinvolte nel progetto erano l'Inter (630,1 milioni di debiti), la Juventus (458,3) e il Milan (151,8), mentre in Spagna è disastrosa la situazione di Barcellona (debiti per oltre un miliardo e 100 milioni), Real Madrid (901 milioni) e Atletico Madrid (494,2 milioni).

Situazioni drammatiche rese ancora più gravi dalla pandemia, che ha portato a una consistente riduzione dei guadagni tra stadi vuoti (che tutti i club, ad eccezione di Inter e Milan, hanno di proprietà) e marketing in crisi.

A caccia di denaro

L'indebitamento monstre in cui versano i club ha fatto sì che la loro prima necessità fosse quella di trovare risorse immediate per il futuro, e i 3,5 miliardi di euro promessi dalla banca americana JP Morgan sono stati una tentazione troppo forte.

Da qui la seconda domanda: perché cercare soldi altrove? Il motivo va trovato nel difficile e conflittuale rapporto con la Uefa rea, a loro dire, di non dare abbastanza denaro a chi la rende così ricca. 

Il Bayern Monaco, vincitore dell'ultima edizione di Champions, si è messo in tasca circa 125 milioni di euro tra bonus di partecipazione, bonus legati ai risultati, ranking storico e market pool (il bacino d'utenza televisivo nella propria nazione). Tra le italiane che hanno partecipato all'edizione 2019-20, la Juventus ha guadagnato 86,8 milioni di euro, il Napoli 65,8, l'Atalanta 57,6 e l'Inter 46.

Il Bayern Monaco vincitore della Champions League 2019-20

Champions League finale 2019-20, Bayern Monaco

Il Bayern Monaco vincitore della Champions League 2019-20

MATTHEW CHILDS

Troppo poco per sistemare conti tanto disastrati.

Resta la richiesta, in questo caso legittima, che i club che prendono parte a una competizione tanto ricca come la Champions League debbano essere maggiormente considerati, con la Uefa accusata di ingordigia nel voler tenere per sé una fetta spropositata della torta, quando i veri protagonisti del gioco sono i campioni pagati dalle squadre.

Le possibili conseguenze

Quanto capitato farà certamente riflettere, e non è da escludere che sulla base degli ultimi avvenimenti ci possano essere grosse novità.

Tanto per cominciare le leghe nazionali potrebbero decidere di far firmare una clausola ad hoc a tutte le squadre che si iscrivono al campionato, facendo mettere nero su bianco che per ottenere la licenza e giocare, per esempio, in Serie A, non parteciperanno ad altre competizioni se non quelle organizzate dalla Uefa.

E poi il tema dei debiti: perché il punto non è solo guadagnare di più, ma saper spendere meno e meglio. Da qui la necessità di un controllo più severo (in tal senso la Uefa deve fare il mea culpa per come ha applicato le norme del Fair Play Finanziario, sanzionando a macchia di leopardo e facendo figli e figliastri in giro per l'Europa), monitorando i costi e riducendo i debiti, fino magari ad arrivare all'introduzione del salary cap di ispirazione NBA.

Il presidente della Uefa Aleksander Ceferin

UEFA Congress, Aleksander Ceferin

Il presidente della Uefa Aleksander Ceferin

Lukas Schulze – UEFA

La parola d'ordine è sostenibilità, concetto basilare da cerchiare in rosso. 

Il colore dei conti dei 12 club che, affogando nei debiti, hanno cercato ossigeno altrove. 

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