SIDS: scoperto per la prima volta un biomarcatore del sangue per rilevare i bambini a rischio morte in culla

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La sindrome della morte in culla (SIDS) è una delle principali cause di morte infantile, e fino ad ora i ricercatori non sono stati in grado di identificare alcun fattore fisiologico specifico che possa rendere un bambino più vulnerabile.


Un team di ricercatori in Australia ha ora identificato un biomarcatore del sangue collegato all’eccitazione cerebrale, che potrebbe essere potenzialmente utilizzato per identificare i bambini più a rischio di SIDS.

Negli ultimi anni le morti infantili per SIDS sono state notevolmente ridotte, poiché i ricercatori hanno identificato un numero sempre maggiore di fattori ambientali che giocano un ruolo importante.

Ma nonostante questi progressi, la SIDS rappresenta ancora circa il 50% di tutte le morti infantili nei paesi occidentali.

Si ritiene che sia un evento multifattoriale, il che significa che occorrono diversi fattori che si verificano contemporaneamente affinché un bambino ne venga colpito. L’attuale ipotesi per spiegare la SIDS è nota come il “modello a triplo rischio”.

Questo modello suggerisce che tre fattori devono fondersi contemporaneamente affinché si verifichi la morte in culla del neonato: un bambino fisiologicamente vulnerabile, un periodo critico di sviluppo e un fattore di stress esterno.

I ricercatori hanno identificato diversi fattori di stress esterno che contribuiscono al rischio di SIDS, dal dormire a faccia in giù all’esposizione al fumo di tabacco.

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Lo studio

Il nuovo studio si è concentrato su un particolare enzima chiamato butirricolinesterasi (BChE).

Questo svolge un ruolo nel sistema di eccitazione del cervello, e i ricercatori hanno ipotizzato che una sua carenza possa rendere un bimbo più vulnerabile agli altri fattori che contribuiscono alla morte in culla.

I ricercatori hanno esaminato i livelli di BChE in campioni di macchie di sangue essiccato, prelevati da 722 bambini alla nascita.

Della coorte di bambini, 67 sono morti improvvisamente e inaspettatamente, tra una settimana e due anni. Dei decessi, 26 erano stati classificati come correlati alla SIDS e 41 non erano SIDS.

I casi di SIDS hanno mostrato livelli significativamente bassi di BChE alla nascita. Quindi, secondo i ricercatori ciò indica che bassi livelli di questo enzima possono rendere un bambino più vulnerabile.

Poiché questo è il primo biomarcatore del sangue misurabile, che potrebbe essere utilizzato per indicare il rischio di SIDS, l’obiettivo sarebbe incorporare il test BChE nei protocolli standard di screening neonatale.

Ciò potrebbe consentire a genitori e medici di identificare i bambini ad alto rischio, in modo da intervenire in anticipo e scongiurare la morte prematura.

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Fonte: ScienceDirect

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