Roma, Cicculli: “Mozione ‘Città per la vita’ chiaro attacco a diritti donne”

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ROMA – “Una mozione estremamente pericolosa che mira a confondere elettorato femminile sui temi legati alla libertà di scelta, alla 194 e alla maternità consapevole. Il movimento delle donne deve alzare la guardia perché è un chiaro attacco”. Michela Cicculli, assessora alle Politiche di Genere dell’VIII Municipio di Roma Capitale, tra le voci del comitato scientifico del coordinamento cittadino Liberare Roma, torna con queste parole sulla mozione presentata in Consiglio comunale al Campidoglio a firma dei consiglieri del gruppo di Fratelli d’Italia-Lista Civica con Giorgia Lavinia Mennuni, Giorgia Meloni, Andrea De Priamo, Francesco Figliomeni, Rachele Mussolini e Maurizio Politi (Lega), che chiedono di inserire il principio generale di Roma ‘Città per la vita’ all’interno dello Statuto comunale e propongono stanziamenti di risorse per donne “in procinto di abortire” e “progetti di aiuto alla vita nascente” di associazioni quali i “Centri di aiuto per la vita”.


“Secondo me, il primo intento è dare un messaggio poco chiaro- osserva Cicculli- Se vado ad approfondire e cerco online ‘Città per la vita’ trovo tutto meno che qualcosa legato alla libertà di scelta e alla legge 194. La mozione parte dal dato del calo di natalità nella città di Roma e invita a prendere misure per il sostegno alla maternità, come se la scelta di ricorrere all’aborto sia per lo più determinata da difficoltà economiche. In realtà molto spesso non è così e la libera scelta è dovuta a una serie di fattori personali. La mozione cita addirittura la 194, dicendo che lo Stato e gli enti locali devono evitare che l’aborto sia un dispositivo di controllo delle nascite, ma oggi non è così, è appunto una libera scelta”.

La preoccupazione dell’assessora è che l’atto intenda “preparare il terreno per uno stanziamento di risorse alle attività dei pro vita e prevedere oltre all’assessorato alla Famiglia, una Festa della famiglia e una Festa della vita, quindi tornare a un’idea di famiglia patriarcale e chiudere a tutte le forme di avanzamento in termini di diritti civili”. Così “si riporta al centro la questione della famiglia anziché la questione di genere– avverte Cicculli- e si lega la scelta di avere figli o meno unicamente a una questione di natalità. Si riproduce ancora una volta lo stereotipo del destino della donna di essere madre e il compito dello Stato sarebbe solo quello di sostenere questo destino, anziché l’autodeterminazione delle donne”.

Ma la mozione Fdi, per l’assessora, va letta nel contesto più ampio di una cartellonistica antiabortista sempre più “invasiva. Roma- ricorda- è stata tappezzata di cartelloni che dicono che la vita inizia al momento del concepimento e attaccano il senso della libertà di scelta delle donne, che non ha alcun valore perché è più forte il diritto di quella supposta vita. Lo fanno con un linguaggio che delegittima le lotte femministe, perché ne ruba le parole d’ordine. Tra gli hashtag utilizzati ultimamente dal movimento pro vita per contrastare l’interruzione volontaria di gravidanza- chiarisce- ci sono #restiamoumani, #restiamoliberi, #dallapartedelledonne, che richiamano a tutt’altro tipo di comunicazione. Questa campagna mira con dolo a confondere l’elettorato femminile, ad alludere a messaggi quali la sorellanza, la solidarietà tra donne, la scelta, la libertà quando in realtà punta a tutt’altro”.

Sotto “la patina di sorrisi e comunicazione mainstream, infatti, c’è un attacco feroce ai diritti delle donne“, che, fa notare Cicculli, “non viene più portata avanti dall’esponente politico. A lanciare il messaggio sono ragazze giovani, sorridenti, che hanno cartelli scritti col pennarello – a ricalcare l’immaginario di una donna che manifesta – fanno interviste e sono testimonial, fingendosi semplici ragazze quando in realtà sono esponenti dei movimenti ultracattolici”.

Questo cambio di strategia nella comunicazione è “spiazzante e pericoloso”, come anche “il messaggio lanciato che la pillola abortiva Ru486 sia veleno. Ci dovrebbe essere a monte un controllo sulle pubblicità, perchè un messaggio del genere crea confusione specie su un’utenza molto giovane”. Richiama al ruolo delle istituzioni Cicculli, laddove “questi messaggi che attaccano gli strumenti di scelta delle donne sono il prodotto di una cultura fortemente radicata anche negli ospedali e nei presidi sanitari, e non sembrano molto diversi da quello che mi dice un obiettore di coscienza quando si rifiuta di praticare un’ivg o di dare la Ru486. Di base si vuole inculcare un senso di colpa”. E qui, si inserisce il discorso dei “campi dei feti” nei cimiteri della Capitale dove “il nome della donna scritto sulla croce significa che la stiamo mettendo in croce”. Al centro, anche in questo caso, “è la questione della scelta, non la privacy, perché di fatto queste donne non possono scegliere se avere lì il prodotto abortivo o no” nè “decidere come elaborare quel vissuto, perchè è stato imposto di elaborarlo in quel modo. Roma è già una ‘Città per la vita’– conclude Cicculli- la vita che noi abbiamo scelto di vivere, del desiderio, delle scelte, della sorellanza e, soprattutto, della libertà di essere famiglie arcobaleno, di avere due madri o due padri. Di essere libere”.

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