Ripopolamenti e bracconaggio: la stagione della caccia si è conclusa, ma i problemi rimangono

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Il 31 gennaio si è chiusa la stagione di caccia, ma in pochissime ore si è già aperta quella dei ripopolamenti. Ciò vuol dire che milioni di animali, soprattutto fagiani e lepri, come ogni anno, verranno fatti nascere e crescere in gabbia per poi essere rilasciati sul territorio, così da diventare bersagli dei cacciatori nella prossima stagione venatoria.


Un aspetto ancora poco conosciuto della caccia che nasconde però un enorme carico di sofferenza, sfruttamento e morte per milioni di animali innocenti. Perché?

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Perché la caccia stessa ha già portato praticamente a estinzione fagiani e lepri: al punto che esistono allevamenti specializzati per la riproduzione di questi animali che poi vengono liberati sul territorio per consentire, come dicevamo, nuove attività di caccia. Essendo del tutto inadatti alla vita selvatica, la gran parte di questi animali non ce la fa e muore nel giro di poche settimane, mentre quelli che riescono a sopravvivere saranno fucilati dai cacciatori.

Le emergenze sanitarie dell’influenza aviaria e della peste suina africana ci hanno insegnato che le attività correlate alla caccia possono essere molto pericolose, tanto che la caccia è stata vietata nelle aree infette proprio da PSA, mentre per evitare la diffusione dell’influenza aviaria, il ripopolamento di fagiani è stato vietato ma solamente nelle zone adiacenti i focolai.

Tuttavia, i fagiani rilasciati sul territorio non conoscono i confini istituiti attorno a focolai o zone infette, sono in grado di volare e quindi di trasportare patogeni pericolosi anche per l’essere umano, come nel caso dell’influenza aviaria.

Per questo motivo – dice Massimo Vitturi, responsabile LAV, Animali Selvatici  – abbiamo chiesto ai Ministri Speranza e Cingolani di estendere il divieto di ripopolamento di fagiani a tutte le Regioni, anche quelle al momento indenni dal contagio di influenza aviaria – non è tollerabile mettere a repentaglio la salute delle persone per assecondare il crudele passatempo dei cacciatori.

Frattanto, altra annosa questione è quella del bracconaggio. Quello non si ferma mai. Secondo i dati di Birdlife International, l’Italia è al secondo posto per il bracconaggio illegale nel bacino del Mediterraneo, con quasi 6 milioni di esseri viventi (principalmente volatili) uccisi illegalmente ogni anno. Peggio fa solamente l’Egitto.

Anche in questi ultimi giorni di apertura agli spari, insomma, ci sono notizie di uccisioni illegali di fauna selvatica da parte di cacciatori di frodo rilevate in tutta la Penisola. Da ultimo, per esempio, dicono da WWF, si segnala una vera propria strage di uccelli acquatici compiuta da sei cacciatori di frodo nella laguna di Grado dove sono stati abbattuti circa 350 animali tra cui 150 Fischioni (Mareca penelope).

L’Unione europea ha più volte sollecitato l’Italia ad adottare misure concrete di contrasto alle illegalità venatorie anche aumentando le sanzioni attualmente inefficaci a contrastare i crimini contro la fauna selvatica. Ma, le Regioni continuano a non recepire e a sacrificare l’inestimabile patrimonio comune di biodiversità per favorire gli interessi di pochi.

Un chiaro esempio è quello della Tortora selvatica – dicono da WWF – una specie in via di estinzione ma nonostante ciò dichiarata cacciabile dalla gran parte delle regioni, addirittura in maniera anticipata rispetto alla data di apertura generale della caccia e che solo grazie alle pressioni ed ai ricorsi del WWF e delle altre associazioni quest’anno è stata risparmiata dalle fucilate.

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Fonti: LAV / WWF

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