Prodigi – parte quinta

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Tempo di Lettura: 7 minuti

Racconto di Mario Mattia


Disegni di Catherine Lemercier

Continua da parte quarta


Seduto a prua della torpediniera N°67 Riccò fissava i primi lembi di terra siciliana che, oltre la foschia, cominciavano ad intravedersi.

Sentì alle sue spalle dei passi e, quando si voltò, vide la sagoma elegante e slanciata del comandante, irrigidito in un formale saluto militare.

«Professore, sua figlia mi ha chiesto se può salire a parlare con lei.»

Riccò assentì e l’uomo si allontanò, facendo segno ad un marinaio di lasciar passare la ragazza che stava alle sue spalle.

Maria era vestita con una lunga gonna nera e una camicia bianca che le illuminava il volto bruno e sorridente. Anche Riccò si aprì in un sorriso e prese la mano della ragazza che si era venuta a sedere accanto a lui.

«Chi comincia a raccontare?» disse la ragazza.

«Comincia tu» rispose lo scienziato.

Maria si sistemò sulle spalle uno scialle nero a fiori rossi.

«Non c’è molto da raccontare. Catalina, la mia madre adottiva, era una donna di fora potentissima. A idda si rivolgevano i palermitani per le cose più gravi. Nessuna conosceva erbe e medicamenti megghiu di idda. E nemmeno gli incantesimi, anche se lei a queste cose non ci crede»

Riccò scoppiò a ridere.

«Perché tu ci credi?» disse

La ragazza scosse la testa e fece una smorfia.

«Lassamu stari, va. Insomma, un giorno Catalina uscì per andare a cercare erbe sul Monte Pellegrino. Di sera non era ancora tornata. Io e una sua amica ci siamo messi a cercarla e la trovammo in un bosco, sotto un albero. C’avanu ruttu li vrazza e stava murennu». La ragazza smise di parlare per qualche secondo. Tirò su col naso e si voltò a guardare il mare.

«Accuzzamu. La portammo a casa. Lei mi cuntò che da molti anni lei e altre persone custodivano un segreto. C’erano delle tombe, qui a Pantelleria, di due donne. Erano principesse, che assai anni fa erano scappate da Palermo per rifugiarsi in una chiesa ‘nsemula a un gruppo di preti-surdati. Li chiamò i Basiliani, ma non mi disse molto di loro. Mi disse solo che si erano rifugiati a Pantelleria per sfuggire alla persecuzione degli spagnoli. Erano assai religiosi questi basiliani e per questo motivo, quando gli spagnoli vennero a cercarli per arrubarsi i tesori che si erano portati da Palermo, preferirono suicidarsi. Tutti. E uccidere le due principesse, prima che gli spagnoli le trovavano.»

Riccò posò il suo quaderno sul quale aveva cominciato a prendere appunti e guardò negli occhi la ragazza, incredulo.

«Alcuni di quei preti li vuddicarunu in tombe di pietra. Quattro di queste tombe, che a Pantelleria chiamano i Gibbiuna, sono state arrubbate molto tempo fa. Ma le principesse furono nascoste bene e il segreto è rimasto ammucciato. Per loro erano come…non so…delle sante. E s’avianu a proteggiri

«E Catalina che c’entrava?» disse Riccò.

«Catalina era una loro discendente.»

Riccò assentì con la testa.

«Prima di moriri mi fece promettere che sarei andata a prendere i due corpi e l’avissi riportati a Palermo, per seppellirle in un luogo sicuro e custodito da altri preti. E mi disse che a cercare di ammazzarla erano stati degli uomini che sapevano delle principesse, volevano arrubbarsi il tesoro e per sapere dove erano sepolte le fecero le peggio torture. Ci misi due anni a trovarle, le indicazioni erano poche e strane. E io l’isola non la conoscevo. Poi…»

Un forte segnale sonoro costrinse i due a tapparsi le orecchie. La nave segnalava che ci si stava avvicinando al porto di Marsala.

«Poi, dicevo, quel cretino del proprietario del terreno, non si accontentò dei picciuli che gli avevo promesso ed è andato a Palermo a fare stimare alcuni gioielli trovati n’coddu alle principesse. Lì sono stati notati e quelle persone che sapevano che cosa erano, hanno capito tutto e sono venute a cercarmi.»

La ragazza si strinse ancora nello scialle e si voltò verso il mare. Lo scienziato osservò i riccioli di capelli scuri sul suo collo abbronzato.

«E ora attocca a lei cuntari. Io ancora non mi capacito di come ha capito tutto.»

Riccò si passò una mano sulla barba.

«All’inizio non avevo idea. Ho cominciato a capire quando quel tizio che si spacciava per tuo fratello ha tirato fuori la lettera che, diceva lui, gli avevi mandato. La calligrafia non era la tua. Io la tua l’avevo vista nel foglio dove avevi scritto la ricetta della pomata con la quale hai curato la mia caviglia. Si era portato quel foglio per i curiosi. Quelli come me. Lì ho capito che stavi scappando da lui. All’inizio avevo deciso di costringerlo a venire con noi per farlo arrestare, ma poi la storia del prete di Khamma mi ha fatto venire un’idea. E se quest’idea avesse funzionato, ti avrei liberato da quella persecuzione. Devo dire che avevo anche intuito che quelle persone erano le stesse che avevano ammazzato Catalina e che le due principesse e i loro gioielli c’entravano molto in questa storia.»

Maria lo guardava a bocca aperta. Riccò preferì guardare verso il porto che si avvicinava sempre di più.

«Con una scusa ho bloccato il ladro a bordo della Bausan e sono scappato a cercare lo studente D’Ancona, che ti adora da quando lo hai salvato dalle sue coliche. Gli ho chiesto di mettere in scena un tribunale dell’inquisizione al vecchio mulino. Purtroppo, la messa in scena è costata la vita ad uno dei suoi capretti, ma il vero colpo di genio di questo ragazzo è stato il finto fuoco, fatto con la brace che abbiamo usato a casa sua l’altra sera, cui aveva mischiato pezzi dello scheletro che usava per studiare anatomia. Quel ragazzo è fantastico! A quest’ora starà faticando a spiegare tutto al delegato di polizia. E a scagionare quei poveri bigotti della Confraternita, che non sanno nemmeno di cosa li si accusa. Se servirà, scriverò una lettera per sostenere la sua tesi.»

Riccò si agitò sul sedile e si avvicinò alla mano della ragazza. Che non si mosse.

«Va bene, ma ancora non mi ha detto come ha fatto a capire dove ero nascosta» disse Maria.

L’uomo alzò le spalle.

«Anche se ci ho pensato un po’ tardi, è stato facile. Me l’hai detto tu. Ti ricordi dei fiori che hai portato al dammuso? Mi hai detto che solo tu sapevi dove crescevano e che quello era il tuo nascondiglio. M’è bastato chiedere a D’Ancona dove si trova quella particolare specie di Serapias e lui mi ha detto che cresce solo a Montagna Grande. Ci ha messo un po’, ma alla fine, come hai visto, ti ha trovata. La scienza serve, Maria. Non solo i tuoi incantesimi.»

Scoppiarono a ridere mentre la nave entrava nel porto, tra barche di pescatori che rientravano con la chiglia carica di pesce azzurro, luccicante nel pallido sole che intanto si era affacciato.

Si alzarono per cominciare a preparare i bagagli. Riccò passò la mano sopra la grande cassa di legno che aveva quasi spaccato la schiena a due marinai, quando l’avevano salita a bordo. Poi, prese Maria per un braccio e la costrinse a voltarsi.

«Una sera ti ho vista nel giardino a recitare dei versi in spagnolo.»

«E’ una mavarìa che fa arrivare persone che desideriamo. Ed è stata ascoltata.»

«È stata ascoltata? E perché?»

«Perché è arrivato lei. Senza di lei io a quest’ora ero morta e le principesse erano in qualche collezione di un signuri palermitano» disse fissando Riccò negli occhi.

«Come vede, anche la magia serve, E se ora mi sta lasciando andare con quei tesori nella cassa e perché sa che ho ragione, vero?»

L’uomo abbassò la testa e prese la mano della ragazza.

«Non ci vedremo mai più, Maria. Io ora prendo una carrozza per Catania e tu te ne vai a Palermo.»

Maria strinse forte la mano dello scienziato e lo tirò a sé. Avvicinò la bocca al suo orecchio. Riccò si sentì avvampare.

«Ci vedremo, perché le donne di fora come me possono entrare nei sogni, ma lei questo già lo sa.»

Chiuse gli occhi e lasciò andare la ragazza.

Quando li riaprì, un marinaio lo guardava incuriosito.

“Il viaggio è finito, professore.”

Riccò assentì, poi prese da terra la sua borsa e, senza voltarsi indietro, scese a passi lenti dalla passerella.

FINE

NOTA DELL’AUTORE:

Come probabilmente molti di voi già sanno, Annibale Riccò non è un personaggio
inventato, ma un vero scienziato. Nato a Modena nel 1844, nel 1890 arriva a Catania
come docente di Astrofisica e Direttore dell’Osservatorio astronomico. Fondatore della
Società Sismologica Italiana, il suo spettro di interesse scientifico fu estremamente ampio e spaziò dall’astrofisica, alla vulcanologia ed alla sismologia. Nel 1898 diventò Rettore dell’Università di Catania e nel corso della sua carriera vinse importanti premi e
riconoscimenti per le sue scoperte in campo astronomico. E’ morto a Roma nel 1919. Un cratere sulla Luna, del diametro di 65 Km, è a lui intitolato.

Nemmeno la vicenda delle misteriose principesse è del tutto inventata: il grande
archeologo Paolo Orsi, infatti, vide e descrisse nei particolari i resti di due donne
riccamente vestite e con gioielli importanti, ritrovate, intorno al 1890, nella zona di Rekhali, trovate proprio nei pressi di alcune tombe (tuttora visibili) di epoca tardo-antica e chiamate “Tombe dei Gibbiuna”. Purtroppo i due sarcofagi con i resti delle due donne scomparvero poco dopo che Orsi ne aveva catalogato il contenuto e non se ne è saputo più niente.

La descrizione dell’attività eruttiva e dei sollevamenti verificatisi a Pantelleria tra il 1890 ed il 1891 sono tutti rigorosamente estratti dagli scritti e dai diari di Annibale Riccò, il quale, oltre che essere un grande scienziato, era anche un ottimo scrittore. Le sue pubblicazioni, infatti, si leggono come dei racconti e risultano comprensibili anche a chi non conosce la terminologia vulcanologica e sismologica.

Bibliografia essenziale:
Butler, G. W. (1982) Abstract of Mr. A. Ricco’s Account of the Submarine Eruption North-west of Pantelleria, October 1891. Nature 45: 584-585. https://doi.org/10.1038/045584a0

Riccò, A. (1891). Tremblements de terre, soulèlevement et eruption sous-marine à
Pantelleria. Comptes rendues de l’Académie des Sciences, 113, 23 novembre, issue 21, p. 753.

Riccò, A. (1892). Terremoti, sollevamento ed eruzione sottomarina a Pantelleria nella
seconda metà dell’ottobre 1891. Annali dell’Ufficio Centrale meteorologico e geodinamico italiano, ser. II, 14, pp. 1–31, Roma

Mattia, M., Bonaccorso, A., Guglielmino, F. (2007). Ground deformations in Pantelleria Island (Italy): Insights into the dynamics of the current inter-eruptive period. Journal of Geophysical Research, 112, B11406. https://doi.org/10.1029/2006jb004781.

Catalano, S., De Guidi, G., Lanzafame, G., Monaco, C., Tortorici, L. (2009). Late
Quaternary deformation on the island on Pantelleria: New constraints for the recent
tectonic evolution of the Sicily Channel Rift (southern Italy). Journal of
Geodynamics, 48, 75–82. https://doi.org/10.1016/j.jog.2009.06.005.

Kelly, J.T., Carey, S., Pistolesi, M., Rosi, M., Croff-Bell, K.L., Roman, C., Marani, M. (2014) Exploration of the 1891 Foerstner submarine vent site (Pantelleria, Italy): insights into the formation of basaltic balloons. Bulletin of Volcanology 76: 1-18. https://doi.org/10.1007/s00445-014-0844-4

Conte, A. M., Martorelli, E., Calarco, M., Sposato, A., Perinelli, C., Coltelli, M., & Chiocci, F. L. (2014). The 1891 submarine eruption offshore Pantelleria Island (Sicily Channel, Italy): Identification of the vent and characterization of products and eruptive
style. Geochemistry, Geophysics, Geosystems, 15(6), 2555-2574. https://doi.org/10.1002/2014GC005238


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