Le terapie anti-Covid non sono dannose per i malati di sclerosi multipla

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Primo studio dell’Associazione italiana Sclerosi multipla e della Società italiana di Neurologia: coinvolge oggi 78 centri italiani e oltre 28 centri di 15 Paesi esteri Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print


ROMA – Le terapie anti-Coronavirus non hanno effetti negativi sulle persone con sclerosi multipla. E’ quanto emerge da una prima analisi prodotta sulla base dei dati raccolti nella piattaforma Covid-19 e sclerosi multipla, il progetto pilota di raccolta di informazioni cliniche sulle persone con sm che hanno sviluppato l’infezione da Covid-19. Curato dall’Associazione italiana Sclerosi multipla e dalla Società italiana di Neurologia, il progetto coinvolge oggi 78 centri italiani e oltre 28 centri di 15 Paesi esteri.

La prima istantanea, illustrata nel corso di una conferenza stampa su GoMeeting, è stata scattata grazie alle informazioni raccolte all’8 aprile scorso su un totale di 232 pazienti dei primi 38 centri che hanno aderito. Come ha spiegato il professor Marco Salvetti della Sapienza, ospedale Sant’Andrea di Roma, “i primi risultati sono rassicuranti” e mostrano che “non ci sono terapie dannose”. Di 232 pazienti con sm, che mostravano sintomi da Covid-19, ‘solo’ 6 si sono trovati in situazione critica e di questi 1 è guarito e 5 sono deceduti (il 2%). Il dato significativo è che i decessi riguardavano persone con particolare fragilità legata alla disabilità, alle comorbidità e/o all’età avanzata. “Tutti i deceduti- ha spiegato Salvetti- avevano una forma progressiva in stato avanzato e più di 60 anni. Di questi solo 2 facevano una terapia”.

Secondo gli esperti è comunque troppo presto per trarre conclusioni. “Al momento- ha spiegato Maria Pia Sormani del dipartimento di Biostatistica dell’Università di Genova- nel database sono stati inseriti i dati clinici di 500 pazienti”. Questi saranno oggetto di studi più approfonditi e già “nei prossimi giorni i primi dati saranno pubblicati sulla rivista scientifica Lancet Neurology”, come assicura il presidente della Fondazione Aism, Mario Alberto Battaglia, aggiungendo che “in questo scenario per far fronte ai problemi più urgenti e pianificare una risposta a lungo termine ai cambiamenti che la pandemia Covid-19 impone nella vita e sull’assistenza sanitaria delle persone con sm, l’associazione dei pazienti Aism con la sua Fondazione (Fism) e il Gruppo di studio sulla sm della Società italiana di Neurologia (Sin) hanno, già dalle prime settimane dell’epidemia, istituito un Programma di attività per affrontare l’emergenza a breve, medio e lungo termine anche relativamente alle tematiche di sanità pubblica e di advocacy”.

Per Gioacchino Tedeschi, presidente della Società italiana di Neurologia, “il programma è stato realizzato secondo i suggerimenti ricevuti da un gruppo di diversi neurologi che operano in condizioni di elevata emergenza e da rappresentanti di Aism e Fism e costituisce un esempio di collaborazione virtuosa tra una società scientifica e un’associazione di persone con una malattia neurologica. Questa attività di ricerca ed assistenza è anche possibile grazie all’Aism e alla rete dei centri clinici di riferimento per la sm in Italia, una realtà unica nel panorama internazionale, che in Italia è attiva dal 1996. Questa rete da sempre permette di affrontare i temi scientifici che riguardano la SM in modo collegiale su tutto il territorio nazionale”.

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