48 ore. Tanto è durato il progetto della Super League, che pezzo dopo pezzo si è sfaldato, andando incontro a un clamoroso fallimento.


Il castello di carta delle 12 super potenze calcistiche è crollato quando il Manchester City ha comunicato ufficialmente di volersi sfilare, dando notizia «di avere avviato le procedure per ritirarsi dal progetto di Superlega», un fatto che ha avuto un effetto domino nei confronti di tutte le altre.

La scelta del City ha subito trovato riscontro nelle parole del presidente della Uefa Ceferin: «Sono lieto di dare il bentornato al City nella famiglia del calcio europeo – ha dichiarato -. Hanno mostrato grande intelligenza nell'ascoltare le tante voci, in particolare quella dei loro tifosi, che hanno enunciato i benefici vitali che l'attuale sistema ha per tutto il calcio europeo. Ci vuole coraggio per ammettere un errore, ma non ho mai dubitato che avessero la capacità e il buon senso di prendere quella decisione».

Il fronte inglese

Se era stata proprio l'Inghilterra a rispondere favorevolmente al progetto Super League con ben sei squadre coinvolte (oltre al City anche Chelsea, Manchester United, Arsenal, Liverpool e Tottenham), proprio in Inghilterra si sono create le prime crepe che hanno portato alla rottura.

A Londra, infatti, i tifosi del Chelsea hanno bloccato il pullman della squadra fuori da Stamford Bridge prima della gara contro il Brighton, manifestando il loro disappunto per la scelta del club. Solo l'intervento dell'ex portiere Cech ha permesso alla squadra di raggiungere lo stadio, ma il segnale dell'insofferenza popolare era fin troppo evidente.

La protesta dei tifosi del Chelsea fuori da Stamford Bridge

Chelsea-Brighton, Stamford Bridge: tifosi, Superleague

La protesta dei tifosi del Chelsea fuori da Stamford Bridge

Ian West / IPA

Stessa cosa stava capitando a Liverpool, dove i tifosi avevano protestato già nei giorni scorsi con durissimi striscioni sotto la curva Kop, cuore del tifo dei Reds. Dopo una riunione convocata con i capitani delle altre squadre, Jordan Henderson ha scritto su Twitter: «Non ci piace e non vogliamo che accada. Questa è la nostra posizione collettiva. Il nostro impegno per questo calcio e per i suoi tifosi è assoluto e incondizionato». Un ammutinamento in piena regola, cosa che ha indotto anche gli altri club a rivedere repentinamente le proprie posizioni. 

Il colpo di grazia è arrivato con le dimissioni dalla carica di vice presidente esecutivo del Manchester United Ed Woodward, l'ultimo passo prima dell'annuncio che tutti i club inglesi facevano un passo indietro abbandonando la Super League due giorni dopo averla ufficializzata.

Eloquente il tweet dell'Arsenal: «Ci scusiamo per l'errore».

Gli altri club

L'effetto Inghilterra non poteva non avere conseguenze sulle altre squadre coinvolte. In Spagna il Barcellona vacilla, con il presidente blaugrana Joan Laporta che ha detto: «Non entreremo a far parte della Super League fino a quando i soci del nostro club non voteranno per essa, dovrà essere una loro decisione», un passo indietro importante e significativo. L'Atletico Madrid, invece, ha ufficialmente detto no e ne è uscito.

Dopo ore di silenzio è arrivato anche il comunicato dell'Inter, che ha fatto sapere di non voler più aderire: «FC Internazionale Milano conferma che il Club non fa più parte del progetto Super League. L'Inter crede che il calcio debba avere interesse a migliorare costantemente le sue competizioni, per continuare ad emozionare i tifosi di tutte le età in tutto il mondo, in un quadro di sostenibilità finanziaria. Con questa visione continueremo a lavorare insieme alle istituzioni e a tutte le parti interessate per il futuro dello sport che tutti amiamo». A seguire anche quello del Milan dello stesso tenore.

Con la resa della Juventus, che insieme al Real Madrid era stata ideatrice e traino della Super League, si è messa definitivamente la parola fine. Interpellato dalla Reuters, alla domanda se il progetto avrebbe potuto ancora prendere vita, Andrea Agnelli ha risposto: «Per essere franco e onesto no, evidentemente non è il caso. Resto convinto della bontà del progetto, ma non si può fare un torneo a sei squadre». Poco dopo il comunicato ufficiale del club: «Juventus, pur rimanendo convinta della fondatezza dei presupposti sportivi, commerciali e legali del progetto, ritiene che esso presenti allo stato attuale ridotte possibilità di essere portato a compimento nella forma in cui è stato inizialmente concepito». Sipario.

Il presidente della Juventus Andrea Agnelli

Superleague, Juventus: Andrea Agnelli

Il presidente della Juventus Andrea Agnelli

Nicolò Campo – Getty Images

La resa della Super League

Con un comunicato ufficiale è poi arrivata la presa di posizione ufficiale della stessa Super League che, di fatto, manifestando l'intenzione di riformulare il progetto, sanciva la sua stessa fine: «La Superlega è convinta che l’attuale status quo del calcio europeo debba cambiare. Noi proponiamo una nuova competizione europea perché il sistema esistente non funziona. Nonostante l’annunciata uscita dei club inglesi, costretti a prendere tali decisioni a causa delle pressioni esercitate su di loro, siamo convinti che la nostra proposta sia pienamente conforme alle leggi e ai regolamenti europei. Alla luce delle circostanze attuali, valuteremo i passi più opportuni per rimodellare il progetto, avendo sempre in mente i nostri obiettivi di offrire ai tifosi la migliore esperienza possibile, migliorando i contributi di solidarietà per l’intera comunità calcistica».

Premier League: Leeds United-Liverpool

Bradley Ormesher / IPA

Un coro di proteste

Una reazione di questa portata nei confronti della Super League era inimmaginabile, e probabilmente è stato proprio il coro di proteste che si è levato da tutta Europa a far prima vacillare, poi crollare l'intero progetto.

Super League (o Superlega, per dirlo all'italiana) è stato il tema dominante di televisioni, giornali e web da domenica scorsa, hashtag di tendenza che dopo mesi ha scalzato persino il tema del Covid e dei vaccini. Uno tsunami mediatico senza precedenti, che ha coinvolto anche i maggiori esponenti della politica europea, dal presidente francese Emmanuel Macron al premier britannico Boris Johnson, dal nostro primo ministro Draghi al principe William, passando per l'Unione Europea e il presidente del Parlamento Sassoli. Forze politiche di colorazioni opposte e distanti anni luce per idee e cultura, ma per 48 ore unite e compatte nel dare addosso alla Super League

Benzina per le durissime prese di posizione di FIFA e UEFA, che potendo contare sul un sostegno tanto forte e unitario hanno calcato la mano minacciando sanzioni esemplari per i club scissionisti, dall'esclusione dai propri campionati all'impossibilità per i giocatori di partecipare a Mondiali ed Europei.

Il presidente della UEFA, lo sloveno Aleksander Ceferin

UEFA Congress, Aleksander Ceferin

Il presidente della UEFA, lo sloveno Aleksander Ceferin

Lukas Schulze – UEFA

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