La Cina non sfrutta l’Africa. Chiedete al popolo Akan

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Una notizia che non ha avuto nessuna visibilità in Europa, dove si preferisce il racconto della predazione

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ROMA – Dal Ghana arriva una piccola storia. Un popolo antico, il popolo degli Akan, ha nominato uno straniero “nkosuohene”. Il titolo, onorifico, è traducibile come “capo per lo sviluppo della comunità”. Il fatto è che per la prima volta a diventare “nkosuohene” non è stato uno straniero qualunque ma un cittadino cinese. C’è stata qualche polemica sui social perché il prescelto, l’imprenditore Sun Qiang, è stato portato a spalla in trionfo dagli abitanti del villaggio. In Ghana, come altrove in Africa, i cinesi sono infatti accusati spesso di mire egemoniche o neocolonialiste. Ma lui, Mr. Sun, si gode il titolo: per meritarselo ha anche donato 5.000 dollari e fatto costruire una scuola. La notizia in Europa è arrivata poco o nulla. Si preferisce un racconto della Cina che depreda l’Africa, sfruttandone le risorse e ignorando i diritti umani. Le cose non stanno proprio così. Negli ultimi 20 anni in Africa la Cina ha moltiplicato ponti, strade e dighe. Lo ha fatto grazie a un sistema dirigista che ha a disposizione capitali ingenti ed è in grado di realizzare rapidamente programmi di sviluppo. Solo nel settore dei trasporti, la Cina ha costruito il 33 per cento delle opere realizzate in Africa e ne ha finanziate il 21 per cento. E non si è dimenticata del continente neanche al tempo del Covid. Ha scelto il Marocco come partner per lo sviluppo del vaccino del China National Biotec Group e ha promesso che nella sua distribuzione l’Africa sarà al primo posto. È neocolonialismo? No, perché gli africani non sono stupidi. E se agli ex colonizzatori europei fanno concorrenza attori nuovi, dall’India al Giappone, dagli Emirati alla Turchia, è solo una buona cosa.

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