Il coronavirus è mutato: il nuovo ceppo si lega meglio alle cellule umane

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L'indagine dei ricercatori italiani: frequenza in forte crescita in Europa e negli Stati Uniti Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print


ROMA – La proteina spike del Coronavirus ha un ruolo fondamentale perche’ veicola l’ingresso del virus nelle cellule umane. Una nuova mutazione su questa proteina da settimane sta suscitando grande interesse nella comunita’ scientifica internazionale, poiche’ la sua frequenza in Europa e Stati Uniti e’ in forte crescita.

Uno studio pubblicato oggi sul sito BioRxiv (punto di riferimento nell’ambito delle life science) condotto da un gruppo di ricercatori di diverse universita’ internazionali (Italia, Germania e Inghilterra), condotto da soli italiani, cerca di comprenderne il significato biologico ed epidemiologico.

“Utilizzando sofisticati modelli matematico statistici di genetica di popolazione- spiega Emiliano Trucchi, ricercatore dell’Universita’ Politecnica delle Marche- abbiamo notato che la diffusione di questa mutazione e’ dovuta ad un vantaggio selettivo del virus. Ma non solo: sembra che questa nuova forma competa con quella originariamente comparsa in Cina”.

Analizzando l’effetto della nuova mutazione sulla struttura della proteina, attraverso simulazioni di dinamica molecolare, che permettono di studiare il moto degli atomi nello spazio, si e’ visto poi che “tale mutazione ha un significativo effetto su due regioni chiave della proteina– spiega ancora il professore di Biologia molecolare, Daniele Di Marino, dell’Universita’ Politecnica delle Marche- In breve, la nuova conformazione sembra essere piu’ predisposta a legare il recettore umano e quindi a veicolare l’ingresso del virus nelle cellule”.

Secondo Ilda D’Annessa, ricercatrice all’Istituto di Scienze e Tecnologiche Chimiche e del CNR di Milano, sarebbe “tuttavia possibile fare leva sugli stessi punti di forza del virus per progettare farmaci che interferiscono direttamente con i meccanismi d’infezione del virus stesso”, conclude.

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