Dov’è la Regione Campania? Devo andare a fare bordello
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Carmen Credendino
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24/10/2020
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c.credendino@agenziadire.com
Documentata con foto e video la guerriglia urbana che ieri ha travolto Napoli
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NAPOLI – Venerdì esterno notte illuminato da fumogeni e dalla luce di cassonetti in fiamme. Intorno bottiglie di vetro lanciate in aria con forza ed indirizzate contro un non ben definito nemico, e catene e spranghe che rompono fioriere ed altro arredo urbano. L’aria acre e fedita per la diossina e l’odore che segue l’esplosione delle bombe carta. Sirene e botti, clacson di motorini e canti da stadio stonati: “libertà, libertà”; “la gente come noi non molla mai”; “De Luca pezzo di merda”. Va in scena la guerriglia urbana a Napoli.
Questa la tragedia che ieri ha usato il capoluogo campano come suo palcoscenico. Una tragedia non nuova alla città di Pulcinella e Masaniello, Totò e Peppino, Eduardo e Troisi che già altre volte è stata ambientazione di disordini ammantati da moti rivoluzionari per ottenere di più, di meglio. Ma dietro l’apparenza dell’agire per esasperazione e lecita rivendicazione di riscatto il vuoto, l’acriticità, il facile ricorso alla retorica dei pari diritti per tutti. Personaggi ed interpreti della tragedia ultrà, anche indiscutibilmente adulti e consumati da interpretazioni di questo tipo, vedi il loro insinuarsi all’interno presidi civici a tutela di quartieri e territori; e ragazzi, anche evidentemente molto giovani, che lungo il percoso del corteo, partito dal ventre di Napoli, da largo San Giovanni Maggiore Pignatelli, ed arrivato a via Santa Lucia intercettando il lungomare, più volte si sono chiesti: “Arò amma ij, uagliú?”. “Dove dobbiamo andare, ragazzi?”: una domanda questa che denuncia e tradisce l’incoscienza e l’inconsapevolezza di chi ieri si è prestato a fare bordello muovendosi per una città, la propria, di cui non conosce l’indirizzo delle sedi istituzionali. Comparse, travolte e silenziate dalla forza dell’aggressione che ha animato la fiumana umana, qualche esercente e qualche rappresentante di comitati civici attivi nel centro storico del capoluogo. Poi le forze dell’ordine, poliziotti e carabinieri in assetto anti sommossa, che la sommossa l’hanno scansata rispettando l’ordine di evitare ogni ulteriore disordine. A firmare la regia della tragedia più mani, figurativamente tozze. Come tozzi sono i pensieri criminali di chi si serve degli altri a fini propri per dimostrare di saper orientare una massa di persone (servisse mai anche a fini elettorali…) richiamandole con un tam tam sui social ed in gruppi di chat su WhatApp, attraendole con il miraggio di emergere, almeno per una notte, da un quotidiano che di gratificante e ottimista ha poco. Pubblico non pagante gli amministratori, i governanti, i responsabili della res pubblica e dei cives, votati per esserlo, che palesano distanza ed incapacità nell’intercettare e comprendere bisogni e sogni di chi la società la compone. In cassa ci finisce la speranza, dei singoli e collettiva, che qualcosa oltre il bordello di ieri rimanga oggi come compito dei politici locali e nazionali. L’attesa è che non lascino il sipario in mano a chi il disagio sociale, in tempi di epidemia e cristallizzate incertezze economiche, lo gestisce agevolmente alla vigilia di un lockdown.
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