Diete estreme e sorveglianza continua, cosa c’è dietro l’apparente perfezione del K-pop coreano

Condividi
Tempo di Lettura: 3 minuti

Diete estreme, sorveglianza h24, contratti milionari. Cosa c’è dietro l’apparente perfezione del pop coreano, lo racconta Light Up the Sky, il documentario sulle BlackPink che è già un trionfo su Netflix e che segue Lisa, Jennie, Rosé e Jisoo in studio di registrazione, nella vita quotidiana e racconta il viaggio che le ha portate a debuttare sul palco del Coachella Festival lo scorso anno.


Ritmi di lavoro estenuanti, un’adolescenza in semi clausura. Non è tutto oro quello che luccica, anche se spesso, si è portati a pensare che essere famosi e avere successo abbia solo vantaggi personali ed economici. Il primo documentario sul K-pop incentrato sulla storia delle quattro ragazze sudcoreane che hanno battuto ogni record discografico, ovvero le BlackPink, racconta un mondo diverso e un paese molto lontano da quello che la Corea del Sud vuole dare di sé.

Le quattro ragazze, pur senza drammi e consapevoli anche dell’opportunità avuta, descrivono la loro adolescenza in accademia: pochi contatti con l’esterno, prove per 14 ore di fila, con un solo giorno libero ogni due settimane.

L’industria del K-pop proietta un’immagine moderna, sana e positiva della Corea del Sud, ma il suo sistema di creazione dello star system nasconde contratti che tendono a sfruttare i lavoratori, alienazione e condizioni disumane. Il paese ha iniziato la sua trasformazione dopo le Olimpiadi di Seul del 1988 in cui c’è stata un’apertura. La crisi economica del 1997 ha costretto il governo sudcoreano al neoliberismo e ha permesso una maggiore influenza della cultura anglosassone.

K-pop nasce con una formulazione quasi matematica: basi musicali sintetiche di hip hop, rock, eurodance, funk, reggae, techno, disco o country con suoni africani, arabi e asiatici. Una sorta di ibrido legato al concetto di “tecnologia culturale” ideato nel 1998 da Lee Soo-Man, fondatore dell’etichetta SM e architetto del K-pop.
Gli idoli sudcoreani sono ‘esseri umani le cui identità sono fabbricate come se fossero beni di consumo’. Al pubblico occidentale piace immaginare le pop star come creature speciali, si dice che negli Stati Uniti nascono le stelle, in Corea del Sud si creano. E nel documentario diretto da Caroline Suh viene raccontato proprio questo.
Jisoo, la brillante unnie (sorella maggiore) del gruppo, Jennie, la rapper, Rosé, l’australiana dalla voce dorata e infine Lisa, la regina della pista, sono le quattro protagoniste dietro cui si cela un mondo fatto di regole severissime.

Nel mondo del pop coreano, gli studenti dell’accademia si pesano ogni mattina e ogni sera e un insegnante dice il loro peso ad alta voce. Se superi il tuo peso ideale sei destinato a bere solo acqua.
Le ragazze sono sottoposte a regimi come la dieta del bicchiere di carta (possono mangiare solo cibo che si adatta a un bicchiere), la dieta del cetriolo (mangiare esclusivamente cetriolo fino a raggiungere il peso desiderato) o il ghiaccio (non mangiare nulla e quando viene fame, si mastica il ghiaccio).

“Perdere peso fa risaltare maggiormente gli occhi e il naso, e quindi diventi più notevole dagli altri”, afferma il truccatore Park So-jung. L’obiettivo è che le ragazze assomiglino a delle bambole: ‘le loro gambe lunghe e i volti simmetrici alimentano la fantasia della Lolita orientale, con un atteggiamento sottomesso e infantile che finge che il suo erotismo sembri accidentale e inconscio’. Una visione della donna come se fosse una merce, tant’è che le accademia incoraggiano i loro studenti a sottoporsi a chirurgia plastica.

La Corea del Sud è il Paese con le operazioni più estetiche al mondo (il 50% delle donne tra i 20 ei 30 anni ha effettuato dei ritocchi), perché non c’è stigma sociale: modificare il proprio aspetto per ottenere la bellezza è considerato un degno sacrificio e un status symbol. Le operazioni più comuni tra gli aspiranti idoli sono sulla palpebra, sugli zigomi, sul naso e sul mento. Il tutto con l’obiettivo di sembrare più caucasico. La chirurgia alle palpebre è spesso un regalo di laurea comune dei genitori sudcoreani ai loro figli.

L’ossessione della nazione per il K-pop si sta diffondendo nel resto del pianeta e alimenta questo business. È il sesto mercato musicale al mondo e da un decennio cresce di circa il 15% all’anno. Solo nel 2019 i profitti sono aumentati del 50% grazie soprattutto a BTS e BlackPink. Ma questa pressione sta lasciando vittime lungo la strada. Sono una fonte di orgoglio nazionale e rappresentano un paese prospero e cosmopolita pur mantenendo i valori tradizionali di duro lavoro, famiglia, amicizia e amore. L’artista non può esprimere opinioni politiche diverse dal patriottismo, né avere relazioni sentimentali. E, naturalmente, non devi commettere un singolo errore che corrompe la tua immagine pura e innocente.

Il documentario BlackPink si conclude con le quattro ragazze che mangiano in un ristorante mentre ipotizzano se a 40 anni, dopo essersi sposate e aver avuto figli, saranno in grado di affrontare un nuovo tour. Si stima che la vita commerciale di un idolo del K-pop non superi mai i sette anni e dopotutto sono consapevoli di star recitando una parte.

Fonte: Black Pink/Netflix/El pais

Leggi anche:

Da Greenme

Loading