Deforestazione: l’Indonesia aggira facilmente le norme UE sul tracciamento di olio di palma e legname

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La stretta dell’Unione europea per tutelare le foreste devastate dalla coltivazione intensiva e dagli allevamenti potrebbe essere un fallimento, secondo gli attivisti.


La Commissione europea ha infatti proposto una nuova serie di regole per tentare di arginare il fenomeno della deforestazione, introducendo l’obbligo di tracciabilità dei prodotti importati, in particolare cacao, olio di palma, carni, caffè, soia, legno e derivati.

Per poter importare tali prodotti, le nuove leggi introdurrebbero l’obbligo di dimostrare che questi non siano alla deforestazione. Come? Innanzitutto le aziende produttrici dovranno fornire dati di geolocalizzazione degli appezzamenti di terreno e dettagli sui venditori iniziali per poter tracciare i prodotti. I dati dovranno essere inseriti in un database digitale accessibile alle autorità e conservati per cinque anni.

Gli attivisti indonesiani ritengono però che le nuove regole siano impraticabili e molto semplici da aggirare e, di conseguenza, inefficaci contro la deforestazione. Riuscire a tracciare i prodotti è il primo ostacolo, perché le materie prime potrebbero essere inviate in altri Paesi. La maggior parte dell’olio di palma è ad esempio ottenuto da palme in Indonesia ma viene esportato in Cina, India, Pakistan e poi, da lì, in altri Paesi anche europei. In Europa, dunque, arriva solo un piccola quantità di olio di palma proveniente direttamente dall’Indonesia, uno dei maggiori Paesi in cui queste coltivazioni causano deforestazione.

Come si potrebbe essere sicuri che la Cina non esporti in UE il prodotto, identificato come proveniente dalla deforestazione? – si domanda Syahrul Fitra, attivista di Greenpeace.

Secondo Fitra, anche quando i prodotti non si spostano attraverso altri paesi, ricondurli all’Indonesia è più facile a dirsi che a farsi perché c’è una forte riluttanza da parte del governo a pubblicare i dati sulle piantagioni e verificare l’origine dei prodotti è quasi impossibile.

La soluzione della Commissione sarebbe quella di combinare i dati di geolocalizzazione con immagini satellitari e forse anche test del DNA e degli isotopi, ma secondo Fitra non basterebbe nemmeno questo, perché le aziende non rendono pubbliche queste informazioni.

A riprova delle sue perplessità, Fitra ha portato l’esempio del regolamento europeo sul legname, approvato per fermare l’importazione di legno da terreni disboscati illegalmente. In questo caso, le aziende sono riuscite ad aggirare facilmente il divieto e, nelle regioni indonesiane più colpite dalla deforestazione, non c’è stato praticamente nessun miglioramento.

L’approccio della Commissione alla deforestazione, secondo gli attivisti, è fallimentare anche perché fa ben poco per fermare il flusso di denaro europeo verso le piantagioni responsabili del problema.

“Molte banche europee stanno ancora finanziando lo sviluppo dell’olio di palma”, spiega l’attivista per il clima Yuyun Harmono.

Un’indagine dell’European Data Journalism Network ha rilevato che banche e compagnie assicurative hanno continuato a investire nelle piantagioni di palma da olio in Indonesia anche nel 2020, nonostante abbiano dichiarato di aver avviato controlli efficaci per evitare finanziamenti verso i responsabili della deforestazione.

Al momento, nessuno ha ancora chiarito i dubbi e le perplessità sollevate dagli ambientalisti: il ministro indonesiano dell’ambiente e delle foreste Siti Nurbaya, il suo vice Alue Dohong e il portavoce del ministero dell’ambiente Nunu Anugrah non hanno fornito risposte, mentre dalla Commissione europea non sembra volerci essere l’intenzione a migliorare la proposta.

L’UE ha diverse leggi in vigore e in via di sviluppo che affrontano la responsabilità ambientale delle istituzioni finanziarie. Queste leggi includono clausole specifiche per prevenire la deforestazione e il degrado delle foreste – la dichiarazione di un portavoce della Commissione.

Nel frattempo, mentre si discute in modo astratto su come salvaguardare le foreste – polmone verde di tutta l’umanità – gli attivisti si scontrano quotidianamente con la realtà e subiscono continuamente minacce, intimidazioni e arresti per difendere l’ambiente.

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Fonte di riferimento: Politico

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