Con la guerra in Ucraina il prezzo del gas sarà sempre più alto (e noi ne siamo dipendenti)

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In Ucraina è guerra, Vladimir Putin ha dato ordine di attacco e ormai Kiev è sotto i bombardamenti. Terribili ripercussioni umane sono già un triste scenario e lo spettro del “buco economico”, con una pandemia non ancora alle spalle, è alle porte.


Ma cosa rischia davvero il nostro Paese?

Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, nel 2019 l’Unione Europea importava il 41,1% del suo gas naturale dalla Russia.  Inoltre il nostro sistema nazionale del gas, come si legge sul sito del ministero per la Transizione Ecologica, è alimentato prevalentemente con gas prodotto in Paesi stranieri, importato per mezzo di gasdotti internazionali o trasportato via mare in forma liquefatta come GNL e tramite terminali di rigassificazione e i nostri principali Paesi fonti sono Russia, Algeria, Libia, Olanda e Norvegia, Qatar, Azerbaijan.

Anche prima dell’attacco vero e proprio, in risposta alle alte tensioni geopolitiche, la Russia di Vladimir Putin stava già minacciando l’Occidente di tagliare le esportazioni di gas e se questo dovesse accadere davvero, l’Italia perderebbe quasi la metà del gas naturale che usa in ambito civile e industriale.

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D’altro canto, un taglio delle esportazioni comporterebbe una perdita economica ingente per la Russia, che copre con le esportazioni di combustibili fossili oltre il 40% del proprio bilancio. Come spiega Trading Economics, la Russia ha registrato avanzi commerciali regolari dal 1998 principalmente a causa delle elevate esportazioni di materie prime come petrolio greggio e gas naturale.

La minaccia più pesante per l’Europa e in particolare per il nostro Paese potrebbe dunque forse non essere il taglio vero e proprio, ma un costante incremento dei prezzi.

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Come abbiamo detto più volte, il piano B poteva esserci, le rinnovabili, ma i nostri errori (da cui, peraltro, non impariamo) sono oggi più pesanti che mai.

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