C’è il futuro oltre Trump (e Biden)

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ROMA – Nel 2006 il centrosinistra italiano vinse le elezioni di un soffio. Di più, le vinse con meno voti assoluti del centrodestra, in parte perchè sfruttò al millimetro le possibilità offerte dalla legge elettorale, e poi perchè si affidò alla portentosa macchina elettorale degli ex Pci-Pds-Ds. Un particolare: nel cuore della notte elettorale Marco Minniti, futuro ministro dell’Interno, fu spedito nel collegio di Caserta dove venivano segnalati movimenti sospetti allo spoglio… Quanti sacrifici per supplire a un dato di fatto inconfutabile: la penuria di voti.

Perchè il centrosinistra una bella vittoria schiacciante, di quelle che segnano un cambio di fase, sembra davvero incapace di raggiungerla. Se e quando prevale, è sempre per un soffio, un caso fortuito, finanche, accusano i rivali, per un magheggio. Sia chiaro: non è per niente una peculiarità italiana. Questa fiacchezza sembra essere ormai il tratto distintivo del paradigma progressista urbi et orbi. E le elezioni americane in corso ne sono l’ultima penosa dimostrazione.

Bisogna essere onesti: Donald Trump partiva sconfitto, contestato com’era fin dentro al partito, fin dentro le mura di casa, con la moglie che gli dimostra una aperta ostilità e la sorella che lo ‘benedice’ affettuosa: “Crudele, ipocrita, bugiardo”.

Si dirà: “Non si può personalizzare così… A contare sono le politiche”. Vero. Anzi no. Primo, perchè la personalizzazione in politica è un tabu infranto da tempo, anche a sinistra. E poi perchè simbolo e contenuto devono tenersi. Vanno insieme in una costruzione coerente. Fu questo un fattore decisivo nell’affermazione del 47enne Barack Obama, poi eletto presidente, il primo nero della storia Usa. E allora, perchè nel 2020 impalmare il 77enne Joe Biden, tanto più dopo la disastrosa avventura della Clinton, 4 anni prima?

Anche Hillary era data vincente in partenza, ma fu poi bloccata da un marchio di fabbrica che recitava: “Liberal, borghese, ricca, moglie di”. In sostanza, inaffidabile nel lavoro di cura che l’America ferita dalla crisi reclamava. Oggi, vale la pena chiedersi ancora una volta se era proprio Joe Biden l’alfiere ideale di quel mondo nuovo che il tycoon sovranista intendeva soffocare. L’esperimento non ha funzionato. Basti dire che secondo i primi dati, rispetto al 2016, Trump avrebbe addirittura aumentato i consensi tra i latinos, la minoranza a cui in questi anni ha dichiarato apertamente guerra, arrivando a erigere un muro lungo una frontiera. Il paradosso interroga i progressisti con la domanda di sempre. E cioè se all’ennesima vittoria stentata, frutto di compromessi e raggiunta magari grazie agli offici di questo o quel Minniti d’America, non sia preferibile scegliere il coraggio e il futuro.

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