Violenza donne, Bonetti: “Bene il Protocollo Napoli, è innovativo”
- Annalisa Ramundo
- 24/06/2020
- Donne
- a.ramundo@agenziadire.com
La ministra sottolinea l'importanza, per una donna vittima di violenza, di veder riconosciuta la propria responsabilità genitoriale e di pensare al dopo Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print
ROMA – “Ho molto apprezzato l’approccio che portate avanti con questo protocollo innovativo, il Protocollo Napoli. Il piano strategico nazionale di contrasto della violenza maschile contro le donne cerca di promuovere un approccio multidimensionale. Quest’anno, nella campagna per la giornata del 25 novembre ‘Libera puoi’, abbiamo voluto inserire la presenza di una bambina accanto alle donne proprio perché crediamo che la libertà da restituire loro sia la libertà di vedere riconosciuta una responsabilità in ambito genitoriale”. Così la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, intervenendo al webinar ‘Protocollo Napoli. La nuova frontiera della consulenza psicologica nei casi di violenza sulle donne’.
“Nel momento in cui c’è l’implicita minaccia di essere riconosciute come soggetti fragili nell’essere vittime si toglie alle donne la possibilità di essere riconosciute capaci di responsabilità genitoriale– specifica la ministra- Abbiamo intenzione di lavorare sulla Pas (sindrome dell’alienazione parentale, ndr), ma c’è un discorso più ampio da portare avanti: la necessità di restituire alle donne in un momento di fragilità personale una comunità e uno Stato in grado di dire che valgono e che sono in grado di esercitare una piena responsabilità genitoriale”.
Per Bonetti, “dobbiamo essere capaci di costruire percorsi di accompagnamento” della relazione madre-figlio, che non possono essere valutati nella loro “individualità” ma nel contesto di una “relazione inscindibile”, che entra a sua volta in relazione con la “comunità allargata, territoriale e la scuola”, luoghi “prossimi che devono assumere un ruolo preventivo in questo percorso”.
Fondamentale, per la ministra, è pensare al “dopo”, perché per le donne che vivono situazioni di violenza “nel momento in cui si riattiva la speranza che un dopo sia possibile, il loro percorso può partire con maggiore fiducia“. Per questo “abbiamo istituito un progetto di microcredito per sostenere le donne che devono ricominciare un percorso di vita autonoma. Si tratta di un investimento- conclude- che riconosce che le donne sono, anche nell’esperienza della violenza, capaci di protagonismo per sé e per i propri figli”.
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