VIDEO | Viaggio nella Mediopadana, dove non c’è un’anima

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La scenografica stazione di Calatrava sembra una cattedrale nel deserto: zero passeggeri, bar e edicola chiusi, nessun capotreno in giro Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print


REGGIO EMILIA – Una cattedrale nel deserto te la immagini così. Con il suo design ad “onde” in acciaio bianco e il tetto in vetro, la stazione Mediopadana di Reggio Emilia sembra il manufatto alieno di un romanzo futuristico. E fa un certo effetto se, dove di solito si sgomita anche per parcheggiare l’auto, l’unica anima presente (letteralmente) sei tu. Il gioellino emiliano dell’alta velocità inaugurato nel 2013, firmato dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava in abbinamento ai ponti “a vela” che sovrastano l’autostrada del Sole fa qualcosa di più del classico ‘certo effetto’ a visitarlo oggi, in un giorno che prima del coronavirus sarebbe stato pulsante di vita e confusione.

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Nel 2018 si sono registrati 1,5 milioni di passeggeri e da allora i numeri non hanno mai smesso di crescere, con tutte le conseguenze del caso. All’arrivo, oggi, colpiscono subito le auto nel parcheggio. Materia scottante perché nella spianata di terra davanti alla stazione, che quando piove diventa un acquitrino, si sostava prima senza regole, dove e come si poteva. Il Comune ha preso di petto la questione con un piano di razionalizzazione degli stalli, ma i lavori sono fermi e ci sono solo le reti da cantiere. Per riportare ordine nella “sosta selvaggia”, resa più complessa dai lavori, c’è anche un accordo con le fiere, poco distanti, che hanno messo a disposizione parte dei loro posteggi. La navetta comunale da poco entrata in funzione sul tragitto fiere-mediopadana è diventata antieconomica, quindi sospesa. Non te lo aspetti ma comunque un certo numero di auto c’è, segno di vita sui treni dell’alta velocità. Ma è un velo illusorio che cade entrando in stazione.

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La sala d’aspetto è deserta, sulle banchine dei binari neanche un addetto o un capotreno, chiuso il bar, il tabacchi-edicola e l’autonoleggio. L’atmosfera malinconica è sottolineata dalla musica classica che dovrebbe allietare i viaggiatori in attesa. I treni previsti segnati sul tabellone sono solo due. Uno diretto a Torino, l’altro a Napoli. Non bastano circa quaranta minuti in attesa per incrociare un contatto umano. Le piazzole dove sostano i taxi sono vuote, perché sono in pochi ad usarli. Le linee degli autobus, che erano state potenziate per intensificare i collegamenti con la città, sono sporadiche. Arrivano due mezzi. Il primo è vuoto e non si ferma neanche. Il secondo sosta per alcuni minuti sotto la banchina ma non ne scende (e tantomeno sale) nessuno. Anche le porte del trenino locale che porta alla stazione storica si aprono sul limbo.

Sulla via del ritorno, si incrocia un’auto “civetta” delle Forze dell’ordine impegnata nei controlli sugli spostamenti e un altro autobus, diretto alla stazione, senza passeggeri a bordo. Su un grattacielo di uffici della zona è stato issato un pannello luminoso con il mantra italiano di questi giorni: “Andrà tutto bene”. L’auspicio di tempi migliori, anche per la Mediopadana.

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Tg Psicologia, edizione del 27 marzo 2020

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