VIDEO | Maina: “Studio l’acqua alla Nasa per salvare il mio Niger”

Condividi
Tempo di Lettura: 3 minuti

Ha 29 anni ed è la prima ricercatrice nigerina a lavorare per l'agenzia spaziale statunitense

Share on facebook

Share on twitter

Share on whatsapp

Share on email

Share on print

ROMA – “L’acqua è il primo problema che ho incontrato nella mia vita” ricorda Fadji Zaouna Maina, accennando un sorriso sotto il foulard con fantasie di banco e di nero. Ha 29 anni e alcune settimane fa è diventata la prima ricercatrice originaria del Niger in forza alla Nasa, l’agenzia spaziale americana. Dopo bachelor, master e post-doc dal Marocco a Parigi passando per il Politecnico di Milano, si è candidata online ed è stata assunta come specialista in idrologia. “Utilizzo i dati inviati dai satelliti del Gravity Recovery Climate Experiment”, spiega all’agenzia Dire da Washington, “inserendoli in modelli matematici per capire come i cambiamenti climatici stanno condizionando il ciclo dell’acqua e l’evoluzione delle falde”. In videocollegamento si parla di alluvioni in Nepal e perfino di Marte, tornando pero’ spesso al punto di partenza: il Niger, inondato da fiumi di fango dopo mesi di siccità, e la sua Zinder, mille chilometri dalla capitale Niamey, nella savana ai confini del Sahara. “Tante ragazze non vanno a scuola perché devono percorrere chilometri per procurarsi l’acqua per lavare i panni e per cucinare” denuncia Fadji. “Io sono stata fortunata due volte: a casa nostra ce n’era sempre grazie a un pozzo costruito in cortile da cooperanti danesi; da tutta la città venivano a prenderne e poi c’era mio padre, un commerciante mai andato a scuola ma convinto che le ragazze dovessero studiare e imparare il francese“. Come le sue sorelle, Fadji ha frequentato la scuola a Zinder fino alla maturita’ e poi e’ partita. I passi successivi sono stati possibili solo grazie a borse di studio, inizialmente finanziate dal governo nigerino sulla base di una selezione per merito. Dopo Niamey c’è stato un bachelor in Marocco e poi, con un programma di cooperazione franco-nigerino, un master a Parigi e anche un dottorato. Con la specializzazione in idrologia è arrivato pure un assegno post-doc in Italia, al Politecnico di Milano. “Ho lavorato due mesi presso il Dipartimento di ingegneria civile e ambientale a un progetto europeo che si chiama We Need” ricorda la ricercatrice. “E’ stata un’esperienza importante, anche se l’italiano lo parlo così così”. E la Nasa? “Per ora non mi occupo di acqua su Marte, un domani chissà” risponde scherzando Fadji. “Mi piacerebbe poter applicare lo studio dei dati anche alla ricerca di soluzioni per il mio Paese d’origine, dove gli impatti dei cambiamenti climatici sono forti: per quattro mesi non c’è una goccia d’acqua ed è dura; poi arrivano le piogge, ma fortissime e tutte insieme, come è accaduto poche settimane fa”. I numeri aiutano a capire. A settembre diversi quartieri di Niamey sulla riva destra del fiume Niger, dove si trova l’universita’, sono stati inondati dopo il cedimento di una diga. Secondo le stime ufficiali, ci sono stati una settantina di morti, 33.000 case sono state sommerse, 330.000 persone sono state colpite dal disastro e migliaia di ettari di coltivazioni sono andate distrutte su tutto il territorio nazionale. Secondo uno studio dell’Institute de recherche pour le development (Ird), un ente di ricerca francese, “in Africa occidentale si è registrato finora un aumento delle temperature superiore a quello di altre regioni, di 1,2 gradi rispetto a una media globale di 0,7” e “questo sembra tradursi in piogge più intense”. Il caso nigerino è critico anche per l’incremento demografico, che ha avuto conseguenze profonde sull’uso dei terreni: dai tre milioni e 200.000 abitanti del 1960 si e’ passati a 15 milioni e mezzo nel 2010. Secondo l’Ird, colture sempre piu’ estese e diminuzione dei periodi di maggese hanno causato un indurimento delle superfici. Alla Nasa, Fadji sta studiando i regimi delle piogge in alcune aree montuose dell’Asia raccogliendo pero’ dati utili a capire anche altre aree del mondo. In futuro progetta di dedicarsi almeno part-time a ricerche specifiche sul suo Paese d’origine. Dopo l’assunzione alla Nasa ha ricevuto l’encomio e l’incoraggiamento del capo dello Stato Mahamadou Issoufou, ma lei si schermisce. Fa una battuta su un altro presidente (“Joe Biden sarà il volto migliore dell’America”) e poi torna pensierosa, aggrottando la fronte: “E’ grazie a mio padre e a mia madre che non sono stata spinta a sposarmi a 16 o 18 anni, come è accaduto a tante altre ragazze di Zinder”.

Share on facebook

Share on twitter

Share on whatsapp

Share on email

Share on print

Leggi anche:


foto stefania prandi


Lo sguardo di chi resta dopo un femminicidio: Stefania Prandi lo racconta in un libro


maltempo autunno freddo pioggia bambino stivali


Affidi, il Garante Infanzia del Lazio: “Serve un intervento nazionale sul controllo delle case famiglia”


violenza donne_mostra


Violenza sulle donne, la testimonianza della chirurga in prima linea: “Aumentano fratture e strozzamenti”


medici_braccia


VIDEO | Violenza donne, Villani (Sip): “Il pediatra può segnalare casi e aiutare”


grifoni


VIDEO | Da Roma a San Diego, Alba Grifoni è la ricercatrice che combatte il Covid-19




Per aiutare le atlete vittime di molestie nasce ‘Save’: “Non saranno mai più sole”

L'articolo VIDEO | Maina: “Studio l’acqua alla Nasa per salvare il mio Niger” proviene da dire.it.

Da Dire.it

Loading