Sui ghiacciai italiani ci sono i fiori al posto della neve: le immagini sconvolgenti e l’allarme di Luca Mercalli

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Quando si nominano le Alpi viene quasi automatico pensare a vette imponenti, dal colore bianco candido. Eppure, non è più esattamente così. La catena montuosa più importante del Vecchio Continente sta cambiando volto: la neve e il ghiaccio sta lasciando posto, sempre di più, alla vegetazione. Così le nostre maestose Alpi, amate da chi pratica sport come lo sci, stanno diventando sempre più verdi e ricoperte da fiori. E non è affatto una buona notizia.


A lanciare l’allarme è l’équipe della Società Meteorologica Italiana e dell’Ente Parco Nazionale del Gran Paradiso, che qualche giorno fa si è recata sul ghiacciaio Ciardoney del Gran Paradiso, per i consueti rilievi del manto nevoso.

Dal monitoraggio, al quale ha preso parte il noto meteorologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli, è emerso un quadro a dir poco drammatico, a causa delle precipitazioni quasi assenti e delle ondate di caldo anomalo.

“L’innevamento sul ghiacciaio al termine della stagione di accumulo era eccezionalmente scarso, con spessori nevosi decrescenti da un massimo di 165 cm al Colle Ciardoney a un minimo di appena 25 cm nel settore mediano e un equivalente d’acqua complessivo valutato in 390 mm, di gran lunga record negativi in almeno 31 anni di osservazioni, ma ragionevolmente anche da tempi ben più lunghi” spiega il team di esperti.

ghiacciaio Ciardoney rilevamenti

©Società Meteorologica Italiana – NIMBUS

La quantità di neve registrata in questo periodo dell’anno è praticamente pari ad appena un quarto della media registrata negli anni fra il 2012-2021. Ciò significa che gran parte del ghiacciaio potrebbe sciogliersi con largo anticipo già entro la metà di giugno. Una situazione che mette in allarme gli scienziati, che spiegano:

Una stagione di accumulo scarsissima di nevicate e un maggio tra i più caldi (insieme a quelli del 2003, 2009 e 2011) in oltre due secoli al Nord-Ovest italiano si sono alleati nel determinare una fusione della neve straordinariamente precoce in alta quota. Alla stazione meteorologica SMI di fronte al Ghiacciaio Ciardoney in corrispondenza dell’asta nivometrica il manto nevoso si è esaurito il 24 maggio. Si tratta della data più precoce non solo del breve periodo di tele-osservazione della neve da webcam (dal 2013), con un anticipo di un mese e mezzo rispetto al consueto, ma anche di tutto il trentennio in cui, dal 1992, si è svolto il bilancio di massa (non si è mai riscontrato il pianoro frontale del ghiacciaio libero dalla neve già tra fine maggio e inizio giugno). Inoltre, con ragionevole probabilità l’eccezionalità si estende nel passato a un periodo molto più lungo, forse ultrasecolare, tenendo presenti i dati meteorologici di Torino che in 220 anni non hanno mai evidenziato una simile combinazione di caldo e siccità invernale-primaverile.

Ciardoney ghiacciaio

©Società Meteorologica Italiana – NIMBUS

E mentre i ghiacciai si ritirano, sulle Alpi prolifera la vegetazione, come mostrano gli scatti realizzati da Luca Mercali e il ricercatore Daniele Cat Berro. La scomparsa del manto nevoso, causata dall’aumento repentino delle temperature, ha portato alla rapida fioritura di piante come la Saxifraga oppositifolia L. Questa specie artico-alpina, però, solitamente si trova sulle Alpi intorno a metà luglio. Una situazione che ha conseguenze negative su altre specie che possono sopravvivere soltanto in presenza di climi freddi.

Una situazione anomala che preoccupa il meteorologo Luca Mercalli e gli altri scienziati

Ciò che sta accadendo alle Alpi desta grande preoccupazione fra gli esperti. A tal proposito il meteorologo Luca Mercalli, presidente della Società Società Meteorologica Italiana e direttore della rivista NIMBUS, ha pubblicato un post su Facebook per accendere i riflettori su questo tema che, purtroppo, non fa notizia ai tg:

Mai così poca neve sulle Alpi occidentali. Il 1 giugno ho partecipato alla mia trentunesima missione di misura d’innevamento sul Ghiacciaio Ciardoney: dove di solito ci sono due metri di neve c’erano le sassifraghe in fiore, pochissima riserva d’acqua per l’estate.

A confermare il cambiamento che interessa i paesaggi alpini è anche uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Science, che mostra gli effetti del riscaldamento globale sulle Alpi. Dall’osservazione di immagini satellitari dal 1984 a oggi, è emerso un aumento del 77% delle aree verdi sulla più importante catena montuosa europea.

Insomma, tra non molto ci toccherà dire addio alle Alpi imbiancate. Di questo passo, tra qualche decennio sulle montagne alpine troveremo distese fiorite…

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Fonti: NIMBUS /Luca Mercalli (Facebook)

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