Sì, piantare alberi aiuta! Il CNR contro il servizio “shock” del TG1 che ritiene inutile il rimboschimento

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Numerosi studi hanno confermato che la riforestazione è fondamentale per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici ma un un recente servizio del Tg1 ha fatto infuriare gli scienziati del CNR suggerendo che non sempre piantare alberi aiuta la Terra ma a volte può risultare anche dannoso.


Il servizio andato in onda il 26 maggio scorso, relizzato da Marilù Lucrezio, sostiene:

“Non sempre il rimboschimento aiuta secondo nuovi studi, dipende dai luoghi. Piantare alberi rende la terra ancora più scura, l’albero intrappola calore che aumenta il riscaldamento quindi, sostengono gli scienziati, ci sono posti in cui vale la pena riforestare, altri no. Il posto migliore è ai tropici. Invece il rimboschimento non ha alcun effetto positivo in Europa e negli Stati Uniti dove il clima è temperato”.

Tuttavia, secondo gli scienziati del CNR che da anni studiano gli effetti ecosistemici delle piante in ambiente urbano e sub-urbano

“tale servizio ha lanciato un messaggio incompleto, fuorviante e dannoso dal punto di vista ambientale, sociale, sanitario ed economico”.

Gli alberi, amici o nemici nella mitigazione dei cambiamenti climatici?

Per motivare la loro posizione, essi hanno scritto una lettera rivolta al Direttore del TG1 spiegando perché la notizia può esere fuorviante. Probabilmente, segnalano, la fonte utilizzata dal servizio è questo articolo della BBC in cui vengono esposti diversi pareri e confrontati vari studi sugli alberi e i loro effetti nella mitigazione dei cambiamenti climatici.

Secondo gli scienzati del CNR, è passata solo la notizia che “non sempre il rimboschimento aiuta”, ma in realtà l’articolo della BBc analizza dettagliatamente più aspetti della questione, arrivando alla conclusione che

“la deforestazione è in realtà una delle maggiori fonti di anidride carbonica, perché quando gli alberi vengono abbattuti gran parte del carbonio immagazzinato al loro interno fuoriesce nell’aria, soprattutto se il legno viene bruciato. Ad esempio, nel 2017 i cambiamenti nell’uso del suolo – principalmente la deforestazione – hanno contribuito per quattro miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 al totale globale di 41 miliardi di tonnellate di CO2 . In altre parole, se smettessimo di abbattere alberi, ridurremmo le nostre emissioni annuali di circa il 10%. Tuttavia, semplicemente fermare tutte le nostre emissioni non è più sufficiente”.

Tra gli altri vantaggi elencati dalla BBC vi è il fatto che man mano che gli alberi crescono, assorbono CO2 attraverso le loro foglie e la convertono in carboidrati, che usano per crescere. Finché vive un albero, quel carbonio rimane al suo interno e gli alberi possono vivere per decenni o secoli. Gli alberi sono un naturale “pozzo di carbonio”. Di conseguenza non solo dovremmo smettere di abbattere le foreste – specialmente quelle tropicali come l’Amazzonia, che immagazzinano enormi quantità di carbonio – ma dovremmo anche piantarne di più.

Ma non è così semplice, spega la BBC, perché gli alberi hanno più di un modo per influenzare il clima perché esiste un delicato equilibrio tra la capacità degli alberi di assorbire CO2, ridurre il riscaldamento e la loro tendenza a intrappolare il calore aggiuntivo e quindi produrre riscaldamento:

“Il primo problema è che gli alberi sono scuri, almeno rispetto ad altre cose che potrebbero coprire la terra, come erba o neve. Di conseguenza, piantare più alberi in genere rende la terra più scura. Poiché le superfici scure assorbono più calore, una superficie coperta da alberi scuri intrappolerà più calore del sole e riscalderà il clima locale. Ciò significa che piantare alberi aiuta solo a fermare il cambiamento climatico in determinati luoghi. In particolare, secondo uno studio del 2007 che è stato ripetutamente confermato, il posto migliore per piantare nuovi alberi sono i tropici , dove gli alberi crescono più velocemente e quindi intrappolano la maggior parte della CO2. Al contrario, piantare alberi nelle regioni innevate vicino ai poli potrebbe causare un riscaldamento netto, mentre piantarli in climi temperati – come quello del Regno Unito, gran parte dell’Europa e parti degli Stati Uniti – potrebbe non avere effetti netti sul clima” spiega la BBC.

Tuttavia, secondo il CNR il servizio del TG1 dimentica che gli alberi non solo assorbono la CO2 atmosferica, ma anche gli inquinati gassosi e le polveri sottili così pericolose per la salute umana. Inoltre, gli alberi riducono la temperatura sia per ombreggiamento che per evapotraspirazione producendo un comfort termico.

“Quello che la scienza da sempre sostiene non è un rimboschimento selvaggio, ma una oculata scelta sia di specie sia di località e spazi, che possono essere le nostre foreste, attraverso il loro mantenimento e sostituzione, e in particolare appunto le aree densamente popolate” prosegue il CNR.

La questione VOC

Secondo quanto sostengono gli scienziati del CNR nella lettera, vi è un altro messaggio incompleto e fuorviante nel servizio del TG1 e riguarda le“particelle galleggianti” emesse dalle piante, ossia i composti organici volatili (VOC) emessi nell’ambiente. Secondo i ricercatori non tutte le piante emettono i VOC, in ogni caso

“la creazione di gas ad effetto serra, in questo caso l’ozono, da parte di queste sostanze avviene in presenza di gas antropogenici come gli NOx mentre in loro assenza o con bassi livelli nell’aria, i VOC puliscono l’atmosfera reagendo e distruggendo l’ozono. Il grande lavoro che il mio Istituto e altri centri di ricerca nazionali e internazionali hanno e stanno facendo è appunto quello di caratterizzare le specie vegetali in funzione anche delle loro emissioni per individuare quelle che sono più idonee in ambienti urbani o in zone sub urbane industriali dove l’inquinamento antropogenico può avere un effetto negativo sulla formazione dell’ozono”.

Infine, spiegano, i VOC sono fondamentali perché sono messaggeri chimici utili ad attrarre gli insetti impollinatori e ad allontanare quelli dannosi.

“Non facciamo passare messaggi sbagliati, la disinformazione produce reazioni dannose per l’ambiente e la salute e, in questo caso, anche per il settore florovivaistico che mai come in questo periodo sta soffrendo di questa grave crisi economica mondiale e rischia di veder vanificato l’impegno costante e la tanta professionalità” concludono

Fonte di riferimento: CNR, TG1

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