Pomilio-Fontecchio, zio e nipote a caccia di medaglie

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TOKYO (GIAPPONE) (ITALPRESS) – A Francavilla al Mare, viale Kennedy 3, c’e’ un piccolo rettangolo tra due palazzi, con un canestro. Non e’ un canestro qualsiasi: li’ ha preso forma il talento di Simone Fontecchio, ala dell’Italbasket e uno degli eroi della serata di Belgrado, in cui gli azzurri hanno strappato il pass per le Olimpiadi. La cosa interessante e’ che Simone a Tokyo ha ritrovato lo zio Amedeo Pomilio, allenatore in seconda del Settebello nonche’ leggenda della pallanuoto italiana (negli anni novanta fu tra i protagonisti del Grande Slam). Lo stesso zio che, in Italia, vive nel palazzo accanto a quello di Simone, e che quel canestro lo conosce bene. Reincontrarsi al villaggio olimpico ha fatto venire i brividi a entrambi: “Abbiamo chiamato i parenti, e’ stato emozionante”, confessa all’Italpress Amedeo, cugino di Amalia Pomilio. La madre di Simone e’ stata per anni una colonna della nazionale femminile di basket, ma per suo figlio i geni del grande atleta arrivano anche dal papa’, Daniele Fontecchio. Un ostacolista che a Los Angeles ’84 arrivo’ in semifinale e che per anni domino’ in Italia.
“Lo sport e’ sempre stato nel dna della nostra famiglia – afferma orgoglioso – tutti i parenti miei e di Simone hanno praticato sport ad alti livelli. La tradizione e’ stata inaugurata dal mio bisnonno, che educo’ i suoi tre figli da atleti”. “Esser cresciuto in una famiglia del genere e’ stato speciale. Ciascuno mi ha insegnato un valore diverso, in primis la dedizione e lo spirito di sacrificio” racconta il cestista che ora e’ una delle stelle della pallacanestro azzurra, ma prima di diventarlo era un bambino che si divertiva con la palla a spicchi. “Sin da piccolo si vedeva che aveva delle doti tecniche, come suo fratello Luca” (cestista del Bologna Basket), spiega lo zio, che aggiunge: “Simone e’ un ragazzo umile, ha un carattere equilibrato che lo aiutera’ molto in un torneo come queste Olimpiadi, rese piu’ complicate dalla pandemia. Che suggerimenti gli ho dato? Non ne ha bisogno, e’ maturo. Ma per ogni cosa sono a sua disposizione”. Simone contraccambia con parole al miele: “Zio Amedeo e’ un professionista incredibile. Loro fanno allenamenti da tre ore due volte al giorno e lui e’ sempre concentratissimo, per questo lo ammiro molto. Poi e’ una persona alla mano, con cui si puo’ parlare di tutto”.
E’ normale che Fontecchio, all’esordio ai Giochi, sia stato rapito dai racconti del veterano Pomilio, alla settima partecipazione alle Olimpiadi: “Abbiamo commentato la cerimonia d’apertura. Lui, avendone fatte tante, ormai e’ abituato e quindi non ci e’ andato, mentre io si’”. E la sfilata in mondovisione allo stadio olimpico di Tokyo Simone non se lo dimentichera’ mai: “E’ difficile da descrivere l’emozione che ho provato. Appena entrati mi sono venute le lacrime agli occhi. Prima vedi scorrere negli schermi delle tv le Olimpiadi passate, e poi ti rendi conto che e’ arrivato il tuo momento”.
I ricordi delle estati passate insieme sul mare Adriatico sono indelebili: “Le nostre famiglie sono vicine d’ombrellone da sempre – prosegue Pomilio – In acqua giocavo con tutti i nipoti, una marmaglia di ragazzini troppo divertente”. E Amedeo, da agonista vero, non si risparmiava neanche in vacanza: “Diciamo che ero un po’ irruento”. Simone puntualizza: “Zio giocava con noi come se stesse gareggiando in un campionato di pallanuoto vero! Conservo ancora la calottina che mi regalo’”.
domanda sorge spontanea: questo ragazzone di 2 metri e passa sarebbe stato un buon pallanuotista? “Penso che le qualita’ fisiche le abbia, di sicuro non solo per il basket” dice Pomilio, per poi aggiungere: “Da quando mi ricordo, ho sempre sentito Simone che faceva rimbalzare una palla in cortile, era naturale che prendesse la via del basket”. Simone ridacchia: “Diciamo che appresso a quel canestro ci ho passato abbastanza tempo, era troppo stimolante”. Sia Fontecchio che Pomilio hanno un desiderio nel cuore, qualcosa che renderebbe immortale la spedizione azzurra a Tokyo: ossia che l’Italia del basket e quella della pallanuoto concludano i Giochi con una medaglia al collo. “E’ il sogno nascosto che abbiamo entrambi, immagina il ritorno a casa che cosa potrebbe essereà” fantastica Pomilio. Fontecchio e’ piu’ diretto: “Non ci posso proprio pensare, sarebbe pazzesco”.
Di sicuro zio e nipote si faranno il tifo a vicenda: “Ho visto la partita di Belgrado, mi sono reso conto dall’inizio che l’Italia era dominante, colpiva la Serbia in maniera fredda. Spero che continuino a giocare con quella liberta’”, conclude.
(ITALPRESS).


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