Non solo shrinkflation, attenzione a questi 4 trucchi comuni che usano per aumentare (di nascosto) i prezzi

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C’è chi facendo la spesa si rilassa ma, invece, sembra che dovremmo stare sempre particolarmente attenti a ciò che acquistiamo, soprattutto se non vogliamo cadere nelle trappole di alcune aziende che, sfruttando dei semplici trucchi, ci fanno pagare più del dovuto i loro prodotti.


A tornare su questo argomento più che mai spinoso, considerando il periodo di crisi energetica e delle materie prime che stiamo affrontando, è la rivista dei consumatori francesi 60 Millions de consommateurs che segnala alcune tecniche utilizzate comunemente dai produttori per far pagare di più cibi e bevande.

Facciamo dunque attenzione. Anche dietro un cambio di confezione, o il lancio di qualche prodotto “innovativo”, si possono in realtà nascondere i seguenti “trucchetti” per farci spendere di più.

Shrinkflation

Ne abbiamo parlato più volte, si tratta di una sorta di “inflazione occulta”, in quanto paghiamo di più per un prodotto che è stato ridotto. In altre parole, la quantità diminuisce ma il prezzo aumenta.

In alcuni casi, i produttori possono ad esempio approfittare di un cambio di confezione, per togliere un certo quantitativo al prodotto mantenendo però lo stesso prezzo.

Una tecnica in realtà non nuova (esiste da molti anni, circa 10, e per la prima volta è stata segnalata negli Stati Uniti) che si applica a molti prodotti, non solo alimentari. Vi abbiamo parlato ad esempio della riduzione delle bustine di cibo umido per animali ma anche del “restringimento” di snack, pacchi di pasta, bevande, ecc.

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“Semplicità” venduta a caro prezzo

Visto che i consumatori sono sempre più attenti alla lista degli ingredienti, alcuni marchi pubblicizzano i loro prodotti sottolineando il fatto che sono senza conservanti, additivi, coloranti, puntando quindi tutto sulla semplicità della ricetta che viene venduta però a caro prezzo e che, a volte, non è neanche così precisa nella sua descrizione.

La rivista fa l’esempio di una referenza francese “Maionese Amora” pubblicizzata come semplice in quanto realizzata con “5 ingredienti e basta”. Andando a spulciare, si scopre che in realtà ve ne è anche un sesto, l’acqua, che non dovrebbe neanche essere presente nella ricetta della maionese.

Come si legge su 60 Millions de Consommateurs:

L’affermazione “5 ingredienti e basta” è molto limitata, perché, in realtà, questo prodotto ne contiene sei. Se aggiungiamo tutti gli ingredienti indicati in etichetta, arriviamo solo al 95%: 74% olio di colza, 8% aceto di vino bianco, 7,2% senape di Digione (acqua, senape, aceto di spirito, sale), 5,1% tuorlo d’uovo, 0,7% sale. Amora, che abbiamo intervistato, spiega che questo 5% mancante corrisponde a “una piccola quantità d’acqua”. Secondo il regolamento europeo “Inco” , che regola l’etichettatura dei prodotti alimentari, la quantità di acqua aggiunta “non può essere presa in considerazione se, in peso, non supera il 5% del prodotto finito”, ed è questo il caso. Il produttore ha quindi il diritto di non menzionarlo. Possiamo ancora considerare che la sua affermazione “5 ingredienti e basta” è molto limitata, perché, in realtà, questo prodotto ne contiene sei. Con, tra l’altro, un sesto ingrediente alquanto inaspettato, visto che la ricetta tradizionale della maionese non contiene acqua!

Porzioni individuali dal prezzo altissimo

A volte può essere comodo acquistare porzioni singole, ma dietro a queste spesso si nascondono prezzi vertiginosi (per non parlare dell’imballaggio in eccesso), il che fa generare margini eccezionali per i produttori.

Secondo i sondaggi effettuati dalla rivista francese, un formaggio Caprice des Dieux venduto in una confezione da tre porzioni singole costa il 62% in più al chilo rispetto alla versione classica da 300 g.

E c’è una bella differenza anche tra le capsule di caffè e il caffè macinato. Nei supermercati francesi:

Il caffè macinato “classico” (Lavazza Il Matino) è esposto a 6,65 euro al chilo. La confezione di cialde compatibili Nespresso (Carrefour Simpl) viene venduta a 19,80€ al chilo, ovvero quasi tre volte di più! Stessa osservazione con la prima referenza biologica (San Marco), a 44,07 euro al chilo mentre il prezzo è di 15,40 euro al chilo nella versione macinata (Carte Noire Bio).

Confondere i consumatori sul reale quantitativo e prezzo

Questo trucco è decisamente più “sottile” e solo i consumatori più attenti lo scoveranno. Si parla delle confezioni grandi, come scrive 60 Millions de Consommaterus:

Acquistando un prodotto a misura di famiglia, i capifamiglia soddisferanno sicuramente tutta la loro tribù. Ma non necessariamente il loro portafoglio!

Alcuni esempi? Le fette di petto di pollo Fleury Michon “-25% di sale”, che siano vendute a 4 o a 8 fette, hanno una confezione identica: troviamo la stessa foto delle fette di pollo, evidenziate accanto a un’insalata mista, e le stesse diciture. Cosa cambia

Nella confezione da 4 fette queste pesano 40 g mentre nella confezione da 8 fette solo… 30 g! Il prezzo al chilo va quindi da 14,81€ per il primo a 16,04€ per il secondo. Un trucco che può trarre in inganno i consumatori che non si prendono il tempo di confrontare i prodotti. Perché c’è meno nel piatto e si paga di più!

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Fonte:  60 Millions de Consommateurs

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