Metabolismo lento, il test definitivo per dimagrire

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Metabolismo lento: ecco un argomento che rispetta la parità di gender. Uomini e donne hanno lo stesso problema ma va affrontato in modo diverso: per capire come, bisogna iniziare da una corretta misurazione dello stato metabolico per individuare i fattori che incidono sull’inflammasoma, l’infiammazione delle cellule adipose viscerali e sottocutanee. Una condizione multi-causa (alimentazione, stress, ormoni) che dopo i 40 anni diventa un tormentone generale: succede che gli adipociti, le cellule adipose, ingrassino con estrema facilità e che dimagriscano con sempre maggiore difficoltà. Il Centro Accelerazione Metabolismo (CAM) di Milano è la prima struttura in Italia a dedicarsi unicamente alla cura del metabolismo lento. Obiettivo: sbloccarlo una volta per tutte. Come, lo spiega Luca Marco Giraldin, responsabile del centro.


Stato metabolico: due parole che nascondono un mondo

Ed è importante conoscere il proprio, perché viviamo in una società sedentaria e mantenere il peso forma è complicato, specie andando avanti con l’età: sapere tutto del metabolismo di partenza del singolo soggetto serve ad avere un dimagrimento efficace di sola massa grassa.
Parlando degli uomini, il problema si concentra di solito a livello addominale: capita di vedere soggetti con gambe molte magre e la pancia. Quel grasso sottocutaneo e viscerale è indice di un'alterazione, il cosiddetto inflammasoma, termine che ci sta diventano sempre più famigliare: significa che le cellule di grasso sono coperte da uno strato di glicoproteine che blocca i ricettori del dimagrimento. Sapendo come agire sul metabolismo di base, si può accelerarlo e invertire il processo.

Primo step, l'analisi dell'ossigeno e dell'idrogeno
I check up iniziali sono sempre più mirati: per cominciare, ci sono i test del respiro. Il primo, che si chiama BreezingPro, misura il consumo di ossigeno in un determinato arco di tempo: serve a calcolare quante calorie vengono consumate al giorno, specie a riposo, e quali tra i macronutrienti – lipidi e carboidrati – vengono usati maggiormente dall’organismo. Il secondo, il FoodMarble, è il test che analizza la concentrazione di idrogeno nell’aria che si espira. Premessa: il cibo viaggia attraverso stomaco e intestino tenue per essere assorbito; se non digerito completamente, procede nell’intestino crasso, dove i batteri lo sottopongono a un processo di fermentazione che produce idrogeno. Quest’ultimo viene trasportato dal sangue ai polmoni e quindi espulso: misurarne la presenza serve a capire il grado di infiammazione intestinale, anche senza sintomi rilevanti. Da lì, si può capire quali alimenti accentuano l'inflammasoma.

La temperatura ideale per restare magri
Ogni corpo, maschile o femminile, dovrebbe avere una temperatura uguale o superiore ai 36 gradi: in questo caso la termogenesi, ovvero la produzione di calore da parte dell’organismo, è corretta; se il metabolismo si inceppa, invece, si osserva una temperatura più bassa. Per mantenere il corpo caldo l'organismo consuma macronutrienti come glucosio, lipidi, proteine. Ma oltre al "cosa” conta il “come”: la macchina metabolica risponde a molti stimoli diversi, da quelli endocrini allo stress, all’attività fisica. Quindi avere un metabolismo basso o lento non significa consumare male i macro elementi, ma piuttosto non poter contare su un’efficienza metabolica ottimale, su un motore che gira alla velocità giusta. Una pigrizia che si contrasta intervenendo sulla capacità di ossidare bene i grassi e bruciare gli zuccheri presenti nel sangue.

Terapia criogenica: perché ripartire da -100 gradi
Il metabolismo è come un muscolo: se non lo si tiene in attività, perde efficienza. Il lato positivo è che può sempre imparare, di nuovo, a reagire in modo corretto. Per insegnarlo, si usa la terapia criogenica: un brusco abbassamento della temperatura cutanea ha come effetto immediato la sveglia del metabolismo, che si sente costretto a reagire per innalzare la temperatura corporea; è un processo che prosegue anche nelle ore successive alla seduta e che stimola, di conseguenza, il consumo di calorie. È importante raffreddare soprattutto il tessuto adiposo del cavo ascellare e dei vasi del collo, per stimolare i recettori termici direttamente collegati con la tiroide
Il paziente entra nel cosiddetto acceleratore termogenico, dove rimane a una temperatura che sfiora i -100 gradi. È un freddo molto secco, assolutamente tollerabile. Mani e piedi sono protetti da guanti e calzari. A quel punto, lo shock termico produce una scarica di adrenalina che intensifica il consumo di calorie. Si tratta di una tecnica consigliata anche alle persone in forte sovrappeso, spesso in difficoltà con l’attività fisica per dolori alle ginocchia o alla schiena.

Un tuffo in un lago ghiacciato non è la stessa cosa
In realtà l’acqua fredda attiva comunque la stimolazione metabolica, ma non fa dimagrire. Quel che conta è l’insieme: uno stimolo alla termogenesi mirato alla demolizione del grasso depositato, ma anche una strategia sinergica per curare l’inflammasoma. Se esistono cibi che per loro natura aiutano il processo? Tecnicamente in grado di accelerare il metabolismo da un punto di vista termico, no. Ma ci sono molecole capaci di agire come catalizzatori biologici: sono nello zenzero e nella curcuma, in sostanze come il licopene, che dà il colore rosso a frutta e verdura, ma anche lo zinco aiuta. Queste micro sostanze sono come semafori nel traffico di una città: se usate nel modo giusto sono in grado di facilitare il flusso dei veicoli, e quindi il metabolismo.

E per finire, il segreto dell'acqua ossigeno-ozonizzata
Si consiglia di berla perché dà ossigeno alle cellule, permettendo loro di bruciare meglio le calorie depositate: la soluzione acquosa agli ozonidi viene assorbita a livello dello stomaco, entra in circolo e viene trasportata dal sangue dove serve; l’ozono di per sé è un potente antinfiammatorio che scioglie il muco che ricopre le cellule adipose e che spegne l’infiammazione che rende difficile il dimagrimento.

Addio ai chili in eccesso, ma in quanto tempo?
Il percorso prevede un check up metabolico, l’individuazione della corretta strategia di sblocco in due, tre settimane, una fase di accelerazione del metabolismo di quattro settimane, una fase di consolidamento di altre quattro settimane. In 10 settimane si può dire addio a 8, 13 chili: una riduzione significativa sul piano estetico – perché il grasso pesa poco ma ha un grande volume – ma quel che conta è che il metabolismo è, finalmente, ripartito.

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