L’uscita delle nuove annate dei vini, l’occasione di un giudizio più ragionato

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di Luigi Salvo
In questa strana primavera del 2020 la presentazione delle nuove annate dei vini in uscita da parte delle cantine italiane è davvero un problema, l’annullamento delle grandi fiere Prowein e Vinitaly a causa della pandemia in atto e lo stop forzato della ristorazione mondiale ha creato una situazione di“empasse” senza precedenti.


Le mode e le tendenze che pervadono inesorabilmente tutti i settori non hanno risparmiato in questi anni neanche quello del vino. Oggi per la descrizione dei vini è il tempo di tre ripetutissime espressioni: fatto in vigna, eccellenza, espressione del territorio.

Dunque, già da qualche tempo si è raggiuto l’opposto estremo rispetto a quello in voga una quindicina d’anni fa, periodo nel quale le aziende vantavano ricercate e raffinate tecniche di cantina e vini che esprimevano corpo, struttura, morbidezza e rotondità.
Oggi, invece, l’acidità è il nuovo messia, il rinnovato credo della comunicazione ha messo al bando ogni forma di intervento umano che vada oltre il vendemmiare i grappoli, metterli in un tino e lasciare che la natura faccia il resto.
Diciamo che un vecchio detto fa proprio al nostro caso “in medio stat virtus”, ovvero non si sarebbe dovuto eccedere in nessuno dei due casi.

Per quanto mi riguarda cerco di interpretare ogni vino in base al vitigno, al suo territorio di provenienza ed alla sua storia, niente pregiudizi, esistono vini buoni e cattivi in entrambi gli schieramenti, tra i cosiddetti “vini veri” ottenuti da una condotta naturale in vigna e con vinificazioni non invasive, e tra quelli cosiddetti “convenzionali”.
Indubbiamente una cosa è certa, l’Italia del vino è una realtà unica ed inimitabile, ricca di biodiversità che porta ad una grande differenza tra vini delle diverse regioni e anche all’interno di esse, riuscendo ad esprimere un’offerta impareggiabile.

Con tutti gli eventi del vino in “standby” l’occasione che si presenta in questa maledetta primavera è unica, ovvero quella di assaggiare le nuove annate con più rigore e più tranquillità, senza l’assillo dei tasting nel corso delle grandi kermesse, magari tra le mura amiche, con maggiore obbiettività e senza preconcetti, avendo tempo di studiare ed analizzare la storia di ogni bottiglia e valutarla per il suo vero valore organolettico, e magari finalmente qualcuno potrà sorprendersi del suo giudizio.

Da Cibo Vino

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