Fotovoltaico galleggiante: cosa sono e come funzionano i pannelli che producono energia senza costruire ulteriori infrastrutture

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Per un’Italia alla ricerca di indipendenza energetica esistono, almeno sulla carta, molte opportunità e tra queste anche alcune emergenti, come il fotovoltaico galleggiante, una tecnologia che consente la produzione di energia pulita da pannelli solari installati in bacini idroelettrici su opportuni supporti.


La guerra in Ucraina ha scoperchiato un vaso di pandora: gas e petrolio, notoriamente inquinanti, sono ora anche problematici dal punto di vista dell’approvvigionamento ed emergono tutti gli errori fatti in un passato in cui non si è investito su tecnologie, come le rinnovabili, meno inquinanti e basate su risorse di cui siamo ricchi.

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Potenziare il fotovoltaico, così come investire su tecnologie emergenti, potrebbe aiutare il nostro Paese a limitare la dipendenza energetica (non solo dalla Russia). Abbiamo chiesto maggiori informazioni sul fotovoltaico galleggiante a Giorgio Ruffini, CEO di Fotovoltaici.info e operatore del fotovoltaico da 52 anni.

Il fotovoltaico galleggiante: una strategia Win-Win

La tecnologia, che consiste nell’installare pannelli fotovoltaici in bacini idroelettrici, ha l’enorme vantaggio di disporre di una linea elettrica potentissima, già pronta e in comunicazione con le reti di distribuzione.

I calcoli dicono che in Italia in questo modo, coprendo il 5% di superficie dei bacini con pannelli fotovoltaici, si potrebbero produrre circa 7 GW, in un anno, forse anche meno, senza alcun intervento sulla rete – Verrebbe quindi meno anche il problema dei grossi impianti fotovoltaici “classici” per la cui installazione è necessario calcolare anche la distanza dalle cabine elettriche, nonché la loro percentuale di occupazione e quindi l’eventuale sovraccarico. Tutto questo nei bacini idroelettrici non esiste, è tutto già risolto

Come sottolinea Ruffini, tra l’altro, stiamo vivendo crisi idrica e quindi le centrali idroelettriche stanno lavorando a bassissimo regime con necessità di supporto, visto che le strutture sono nate per una certa potenza nominale ma ne stanno erogando una più bassa.

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Poterle dunque integrare con un’altra sorgente, almeno in parte, implicherebbe che durante il giorno si va avanti con il fotovoltaico mentre di notte si scarica acqua dal bacino, risolvendo in qualche maniera anche il problema dell’accumulo notturno, nel senso che l’accumulo viene in un certo senso sfruttato nelle ore del giorno

L’installazione di impianti fotovoltaici galleggianti è quindi una strategia Win-Win in quanto al guadagno in termini energetici si somma anche l’ottimizzazione delle centrali idroelettriche, nonché una vittoria incredibile per l’ambiente.

E non finisce qui.

C’è per esempio un’azienda di Reggio Emilia interessata a produrre i galleggianti per il fotovoltaico con plastica riciclata: questa idea potrebbe essere molto interessante perché si fornirebbe ad aziende di questo tipo un’altra applicazione dei loro materiali il che significa più sbocchi di mercato e allo stesso tempo più possibilità di impiego per le plastiche riciclate

L’impatto ambientale di pannelli installati in bacini idrici

fotovoltaico galleggiante

@Giorgio Ruffini Fotovoltaici/Facebook

Come ogni tecnologia umana, comunque, esiste il risvolto della medaglia: è chiaro, infatti, che distese di pannelli fotovoltaici in bacini idrici può avere le sue ricadute in termini di impatto visivo e potenzialmente interferire con altri ecosistemi (analogamente a distese di pannelli a terra).

Certo, è un problema – commenta lo stesso Ruffini – Anche io preferisco un prato verde, ma l’alternativa è una bella centrale a carbone o una centrale nucleare, o una a gas. Ovvero, non partiamo da zero, e i bacini idroelettrici non sono luoghi di balneazione in quanto siti molto profondi. Se si copre una parte della superficie (si parla del 5-10%), non c’è nemmeno il problema del surriscaldamento e quindi di impatti sulla flora e la fauna

La copertura del nostro fabbisogno energetico

L’Italia importa il 77% del suo fabbisogno energetico (è una delle percentuali più alte d’Europa) e la Russia è il primo Paese da cui il nostro dipende per soddisfare il proprio consumo di fonti fossili (gas, petrolio e carbone). Che purtroppo sono ancora le nostre fonti prevalenti.

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Con il Conto Energia sono installati in Italia circa 25-27 GW di fotovoltaico con una discreta spesa per lo Stato in termini di tariffe incentivanti. – spiega Ruffini – Con il fotovoltaico galleggiante si potrebbero aggiungere una decina di GW, perché entrando in questa logica si potrebbe scoprire che alcuni bacini idroelettrici possono essere coperti anche del 20%)

dipendenza energetica italia

@Italy for Climate

I costi di un impianto fotovoltaico galleggiante

Gli impianti fotovoltaici, in generale, ormai hanno costi bassissimi e montare un pannello su un supporto galleggiante in realtà è più semplice che montarlo su un capannone. Questo perché in realtà le strutture sono montate a terra e poi fatte strisciare in acqua quindi senza nemmeno i problemi di sicurezza che invece ci sono per montare un pannello su un tetto, in altezza, e senza il pericolo di fare danni su altre strutture

Infatti, nel caso del galleggiante si è sulla riva di un lago, in una spiaggia comoda e poi quando i lavori di montaggio sono terminati si trascina in acqua e si posiziona ove necessario con un opportuno barcone di trasporto.

I costi complessivi forse sono un po’ più alti ma, se un impianto grande tradizionale costa sui 700-800 EUR per kW, un galleggiante, considerati tutti i costi accessori, può arrivare a 900-1000 EUR per kW, quindi costi più che abbordabili e ammortizzabili molto facilmente

In generale oggi l’energia fotovoltaica cosa meno delle altre energie, e in questo caso, con gli attuali prezzi di mercato, un possibile incremento di circa il 10% può spostare all’ammortamento al massimo di 6 mesi.

Tra l’altro non si hanno problemi di connessione, che invece si hanno per impianti di a terra, per i quali quasi sempre la cabina primaria è lontana, anche di 10 km-15 km, richiedendo la costruzione di una linea ad alta tensione di pari lunghezza.

Nel fotovoltaico galleggiante la linea è all’uscita del bacino per cui probabilmente quel 10% in più di produzione si recupera per via dell’assenza di ulteriori costi accessori

E (quasi) senza costi per lo Stato.

Si troverebbero di certo investitori disposti (Confindustria ha dichiarato che ci sono richieste per il fotovoltaico in Italia di circa 180 GW). Lo Stato, quindi, non avrebbe bisogno di spendere ancora altri soldi. Basterebbe semplificare la vita dal punto di vista burocratico a chi ha intenzione di investire nel fotovoltaico: non dovrebbero occorrere 6 anni per avere un’autorizzazione

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E la burocrazia è un costo, indiretto ma molto pesante (oltre che un disincentivo).

Nella zona vicina a Ferrara abbiamo gestito la vendita di un terreno industriale di circa 30 ettari: prima di riuscire ad avere l’autorizzazione alla connessione sono passati 3 anni l’abbiamo avuta qualche giorno fa – ci racconta ancora Ruffini – Ma non è finita qui perché ora la Regione vorrà dire la sua, e dovremmo acquisire anche l’opinione anche degli archeologi sulla possibilità che questi lavori coprano valori importanti. Questa cosa soprattutto non ha molto senso perché anche se i pannelli fossero installati sopra ad enormi valori archeologici, tali valori sottoterra erano e sottoterra rimarranno: queste sono opposizioni basate su nessun parametro attendibile

Ma per ora non sembra ci siano chiusure, sperando che non arrivino in futuro.

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