Fase 2, il parrucchiere da Bologna: “Sold out fino a luglio, ma così non va”

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Tra gel (letteralmente) a ruba e rialzo dei prezzi Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print


BOLOGNA – Gli appuntamenti dei clienti certo non mancano: agenda impegnata fino a luglio. Ma se le attuali restrizioni poste come vincolo al lavoro dei parrucchieri non saranno allentate, “non si va avanti“, dice Angelo Cosenza, titolare di un salone nel quartiere San Donato di Bologna, che da lunedì ha ripreso l’attività dopo il lockdown scattato per l’emergenza Covid-19. La procedura per un taglio o un altro trattamento non è semplice. Bisogna prenotare e, una volta in negozio, il cliente deve indossare i guanti e poi igienizzarli con il gel, tenere sempre la mascherina e coprirsi con un camice monouso. Gli effetti personali finiscono in una busta di plastica, il nome di ogni cliente viene registrato insieme all’orario di ingresso e di uscita. A terra c’è il nastro adesivo che indica le distanze. Anche il personale ha guanti e mascherina, più la visiera quando c’è bisogno di lavorare stando di fronte alla cliente o al cliente. Già tutto questo crea delle difficoltà: “Non si trovano né guanti, né mantelline, né mascherine, né alcol”, spiega Cosenza. I termometri invece “sono fermi in dogana”, racconta la moglie, titolare anche lei del salone, dove lavora anche la figlia insieme a una dipendente. Solo il gel è in abbondanza, perché di produzione aziendale: “Anzi lo vendiamo”, segnala la titolare, assicurando che si tratta di un prodotto particolarmente “idratante”. Dev’essersi sparsa la voce, visto che pochi istanti dopo una donna di passaggio davanti al negozio si affaccia sull’ingresso, si versa un po’ di gel dal dispenser destinato ai clienti e se ne va, seguita dagli sguardi allibiti della famiglia Cosenza. Però ora si lavora, dopo che “per tre mesi non ho incassato un euro e noi non abbiamo altre entrate”, sottolinea il titolare, visto che tutta la famiglia è impiegata nel salone e intanto “non ci danno neanche un aiuto. Io devo ancora prendere i 600 euro di marzo”. Le spese invece “sono fisse tutti i mesi”, continua Cosenza, a partire da quelle legate al franchising. “Io non volevo più aprire, dopo vent’anni di lavoro”, confessa il parrucchiere, “è mia moglie che ha insistito per provare”. Perché “io muoio se non lavoro”, conferma lei dall’altro capo del negozio. Il momento della ripartenza “è stato un po’ duro, perché fino all’ultimo minuto non si sapeva se ci facevano aprire il lunedì e il protocollo è uscito sabato mattina. Noi siamo partiti lunedì ma per mezza giornata siamo stati bombardati di telefonate per gli appuntamenti”, racconta Cosenza: e infatti, “abbiamo già prenotazioni fino a luglio, facendo entrare tre persone alla volta”. Le limitazioni “sono molto strette e bisogna incastrare tutto”, continua Cosenza, “poi adesso che tutti devono fare colore, taglio e piega bisogna tenerli qui due ore o due ore e mezza”. Tradotto: “Ho dovuto rinunciare alle clienti settimanali fisse” e se nello stesso momento “ho tre persone in posa con il colore, io per 45 minuti sto con le braccia incrociate e non posso far entrare nessuno”. Risultato? “Se riusciamo a fare dieci persone in una giornata dobbiamo dire grazie”, assicura Cosenza, mentre prima dell’emergenza si riuscivano a servire una ventina di persone al giorno. Per ampliare le disponibilità, “adesso siamo aperti anche il lunedì, mentre prima eravamo chiusi. Ma la domenica non se ne parla”, mette in chiaro il parrucchiere.

Quella del lunedì non è l’unica novità, per i clienti: un cartello all’ingresso informa che sui servizi si è resa necessaria “una variazione di prezzo“, per far fronte alle spese per la sanificazione e per l’acquisto dei dispositivi di protezione. Al momento le restrizioni in vigore potrebbero durare per un anno, “ma si spera che qualcosa cambi, perché se si va avanti così…”, allarga le braccia Cosenza. “E’ dura, si spera che non aumentino i contagi, perché poi siamo in prova fino al 14 giugno- continua il titolare del salone- e lì si vede se richiudiamo o continuiamo a stare aperti, visto che adesso siamo diventati un’azienda a rischio”. Intanto, “si prova e il 31 dicembre tireremo le somme e si vedrà com’è andata, anche se sappiamo che per quest’anno siamo tutti in perdita”, afferma Cosenza. Intanto, per strada si vedono persone che “si abbracciano e si baciano senza mascherina e io poi rischio di dover chiudere di nuovo”, lamenta il parrucchiere.

Neanche nel negozio è semplice far rispettare le regole: “Oggi a una signora ho dovuto dire per tre ore di mettersi e tenere su la mascherina”, racconta la moglie di Cosenza. Ma se ci si comporta così, allora “potevo anch’io tenere aperto il negozio fregandomene o potevo fare come molti colleghi- dice Cosenza- che andavano casa per casa a fare i capelli”. Aggirando le norme, si intende. Fatto sta che il discorso vira inesorabilmente sugli stranieri. Fuori dal salone si vedono spesso “extracomunitari senza mascherina ma se chiami i vigili non vengono neanche”, dice Cosenza. “Chissà se anche i parrucchieri cinesi lavorano imbacuccati come voi…”, butta lì una cliente in posizione davanti allo specchio.

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