“E Palcoscenico Sia!”, il Multisala Macherione è pronto a cavalcare “La Grande Onda”
Il terzo appuntamento del cartellone “E Palcoscenico Sia!” del Multisala Macherione – Flaba di Fiumefreddo di Sicilia è affidato al genio di Stefano Francesco Russo che domani, venerdì 8 novembre 2024, porta in scena “La Grande Onda”.
Procede a vele spiegate la stagione teatrale 2024/2025 del Multisala Macherione di Fiumefreddo di Sicilia, “E Palcoscenico Sia!”, preparandosi a cavalcare “La Grande Onda” di e con l’eccelso Stefano Francesco Russo, domani, venerdì 8 novembre, alle 20:45.
Sul palco del Macherione prenderà vita la storia del piccolo paese di “Monte Rannusa”. Stefano Francesco Russo vestirà i panni di un pescatore, Salvatore Saladino, che, indottrinato dal padre con detti proverbiali e un tocco di paterna saggezza sull’arte della pesca e l’osservazione delle stelle, una mattina, dopo la sua consueta mezz’ora di sonnolenta preghiera, assistito dai saggi rimproveri del parroco, scopre il manifestarsi di segni premonitori di una grande catastrofe: uno tsunami che sta per abbattersi sulla spiaggia del paese.
Saladino, allora, cercherà di avvertire i compaesani dell’imminente tragedia.
“Questa commedia, non commedia, tragedia comica che chiamarla si voglia, possiede il linguaggio delle popolazioni di un tempo – afferma Francesco Russo, autore e regista, nonché unico interprete de ‘La grande onda’ – quel linguaggio inerente alla sfera meravigliosa filologica, propria dei pastori e pescatori di paese, ricca di elementi pittorici, di aneddoti pregni d’un linguaggio descrittivo, privo assolutamente di sintesi e narrazioni sommarie. Il personaggio tra uno strafalcione linguistico e l’altro (espediente mai fine a se stesso) diviene vivo e verosimile all’interno della sua sintassi.”
Si tratta di una rappresentazione corale. Monte Rannusa, viene raccontato geologicamente e pittorescamente da un modesto pescatore di paese; chi ascolta é un raffreddatissimo, impettito Prefetto, posto tra le righe della storia appositamente per interrompere e fare domande, le stesse che il pubblico potrebbe porsi da un momento all’altro. Così Pubblico – Prefetto si sovrappone in un movimento drammaturgico incostante che crea contrappunto e sospensioni favorevoli ad una maggiore comprensione.
Chi è comunista non può essere cattolico e chi è cattolico non può essere comunista: è una storia vecchia più del Sale. Quando la politica è un obbligo e non una vocazione, quando chi cresce con un “ti amo” sulle labbra senza riuscire a farlo volare, quando l’invidia del Popolo alimenta congetture e pettegolezzi, quando le prostitute del paese vorrebbero avere qualcosa in più di ciò che il paese testosteronicamente offre, quando c’è chi non può e non vuole donarsi al piacere perché ha donato il cuore e l’anima a Gesù Cristo e a nostro Signore, quando il marcio silenzioso delle perverse, nascoste azioni di un padre nei confronti della figlia prende quel poco d’aria tra i sussurri di una confessione, tanto da impestare le pareti della chiesa, quando il sangue di sorelle divise dalle dicerie parla alle carni più forte di ogni pettegolezzo, superando barriere ed epilogando nel perdono più grande, tante storie danno vita ad un’unica grande storia di un’umanità che nella dimensione del piccolo paese può esser osservata come al microscopio. Così è per Monte Rannusa.
Saladino chiama “Eccellenza” il Prefetto, lo rispetta ma pretende di essere rispettato a sua volta, anche alzando la voce delle volte, cercando di ottenere alla fine della narrazione quel riconoscimento civile tanto anelato, per cui moglie e figlia lo giudicano così sufficientemente. Saladino vuole soltanto un grazie per ciò che è riuscito a capire prima degli altri, rendendo così onore alla buonanima del padre e riacquistando il rispetto di moglie e figlia; “Perché io sono padre Costituente di figlio numero otto” – dice Saladino – e dei paesani che l’avevano schernito a suon di pernacchie, quella mattina, a quel suo gridare per le strade: “Accurriti, presto! Tutti sopra il monte”. È tutta un’invenzione? No. La storia è vera.
Francesco Russo racconta come nasce “La Grande Onda”: “Ero all’Università Kore di Enna nel lontano 2004-2005. Nunzia Riso, mia collega in psicologia, mi narrò, durante una delle serate – nottate di gruppo di studio passate a chiacchierare tra un libro e una pausa sigaretta, di una storia avvenuta in un tempo lontano quando fu avvertita da un parente che stava per giungere a Gioia Tauro, di uno tsunami. Improvvisamente mi balenò l’idea di una storia ambientata all’interno di un piccolo borgo medievale, cui detti poi il nome di fantasia di Monte Rannusa. Sviluppai il soggetto a casa. Stavo scrivendo, allora, una raccolta di novelle chiamata “9L” , raccolta che, ahimé, non vide mai la luce ma questo piccolo racconto, dal silenzio dell’incompiuta azione della narrazione, ebbe una volontà propria, inspiegabile di uscire dal cassetto vetusto e buio in cui lo avevo riposto, come se non accettasse, senza repliche, di appassire, colmo di polvere e silenzio dentro i miei numerosi cassetti, oggi stracolmi di innumerevoli progetti irrealizzabili. Successivamente – continua Russo – questo racconto passò per le mani di un mio caro amico, il quale si incaponì a convincermi, nonostante la mia esitazione, di farne qualcosa di più e che questo fosse un testo non esclusivamente letterario dotato di uno slancio, di una forza che lo avrebbe trasformato nello spettacolo che è oggi.
Io non riuscivo a vederlo, forse per pigrizia ed enorme sfiducia in me stesso. Rimandai più volte, da codardo, lo ammetto, il progetto; nulla da fare, il mio amico si era intestardito nel volermi in scena con questo lavoro. Ebbene, oggi grazie a questo amico, esiste lo spettacolo, “La grande onda”, dedicato alla mia amica Nunzia Riso. Grazie al mio amico ho trovato in me il mio registro, sia di scrittura che di genere teatrale. Il teatro di narrazione, come spesso dico, non è questo genere di teatro che ho scelto, volontariamente, razionalmente, ma è un genere di teatro che ha scelto me. “La grande onda” è un’operazione a cuore aperto, possiede un’umanità che riesce a farmi commuovere prova dopo prova, ed a farmi sempre chiedere: ‘Ma da dove e come mi è venuta fuori?’. Quello che posso dire è che la paura non è mai passata e questa ‘opera/azione’ mi mette, ogni volta, inspiegabilmente alla prova.” – conclude l’autore.
Un piccolo gioiello, dunque, quello a cui si assisterà venerdì 8 novembre 2024, alle 20:45, al Multisala Macherione. Ultimo particolare (non da poco) che possiamo aggiungere è che solo una delle storie narrate è veramente accaduta; agli spettatori toccherà decidere di quale storia si tratta. Perchè le “verità” sono sempre nelle mani del pubblico.