Corte Conti del Lazio contro Atac: rinvio a giudizio su ‘palazzo mobilità’

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ROMA – Nell’anno appena trascorso la Procura della Corte dei Conti del Lazio ha rinviato a giudizio gli amministratori di Atac che “hanno stipulato il contratto preliminare di compravendita di bene futuro, compromesso con contratto tra Atac e Bnp, concluso in data 31.07.2009, al prezzo di euro 118.274.000,00. Trattasi dell’immobile da costruire, ceduto dalla Europarco S.r.l. al Fondo Upside, gestito dalla Bnp, individuato, a seguito di autorizzazione del Consiglio comunale di Roma Capitale (delibera n. 36 del 30.03.2009), quale ‘sede unica della mobilità’ di Atac, ma mai utilizzato per tale scopo“. Lo ha reso noto il procuratore della Corte regionale, Pio Silvestri, nella sua relazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.


Infatti, “la mancata utilizzazione del bene oggetto del preliminare di compravendita stipulato in data 31/07/09 e mai utilizzato dall’Atac quale ‘Palazzo della Mobilità’, ha comportato un definitivo inutile dispendio di risorse pubbliche nella misura di euro 11.106.580,00, somma questa lievitata negli anni, stante il principio della naturale fecondità del denaro e dunque maggiorata degli interessi e rivalutazione monetaria, per un totale di 13.638.650,66 euro”, si legge.

Per la Procura “tale voce di danno in base al principio di parziarietà della responsabilità contabile è stata addebitata agli amministratori che hanno deciso di stipulare il preliminare di compravendita nella misura di 1/3, pari ad 4.546.216,88 euro, valutata la suddivisibilità della complessiva operazione negoziale in tre fasi: quella della stipula del preliminare di compravendita, quella della conclusione della transazione novativa, quella della negoziazione definitiva ai fini della procedura concordataria, queste ultime eziologicamente dipendenti dalla prima”.

A questi ultimi “è doveroso riferire il danno arrecato dall’immobilizzazione dei 20 milioni di euro circa, originariamente versati a titolo di caparra confirmatoria, per il periodo in cui ha avuto effetto la loro deliberazione e cioè fino al 31 gennaio 2012, allorquando la stessa è stata superata – al solo scopo di ritardare l’adempimento degli obblighi nascenti dal preliminare – dalla transazione novativa. Detto danno si quantifica in 1.948.640,21 euro di cui 822.671,73 euro a titolo di interessi legali maturati sull’importo versato nel 2009 a titolo di caparra confirmatoria ed 1.125.968,48 euro a titolo di rivalutazione”.

Secondo la Procura “con tale operazione negoziale, gli amministratori Atac, hanno frustrato la regola che indica la compravendita di cosa futura tra gli strumenti eccezionali, in quanto derogatori delle regole di evidenza pubblica, con conseguente necessità di una puntuale motivazione della scelta operata in concreto, che dia conto dell’infungibilità del bene, sia dal punto di vista strutturale che topografico, ovvero dell’impossibilità di acquisirlo altrimenti o a prezzi, condizioni e tempi inaccettabili. Si deve anche sottolineare che gli stessi amministratori hanno adottato tale decisione in maniera del tutto avulsa da una concreta valutazione di economicità dell’operazione che avrebbe dovuto essere ancorata ad un’analitica descrizione del quadro economico- finanziario sussistente, comprensivo di un vaglio preliminare circa le capacità dell’ente di recuperare, sia in via diretta, tramite la liquidità in cassa, sia indiretta, tramite la verificata possibilità di accedere a finanziamenti o l’accertata fattibilità e tempistica di eventuali dismissioni patrimoniali, i fondi necessari per portare a termine siffatta operazione”.

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