Cattaneo: “Il podcast ‘Nodi’ racconta la centralità del paziente attraverso le emozioni”

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ROMA- Un podcast nato per dare voce alle storie dei pazienti affetti da disturbi psichici e da patologie neurologiche, nonché ai loro caregiver che se ne prendono cura in modo silenzioso e solitario nella accezione più negativa. È ‘Nodi‘, il progetto voluto da Angelini Pharma che si dipana in tre appuntamenti.


Proprio oggi il secondo podcast vede protagonista Marta, la mamma di un bimbo affetto da epilessia. L’obiettivo è quello di allontanare lo stigma e la vergogna nel raccontare tutto ciò che è disagio mentale, peraltro un fenomeno assolutamente in crescita anche nella popolazione generale a causa del confinamento vissuto in questi mesi di pandemia.

Per parlare di ‘Nodi’, del progetto ‘Ma sei fuori’ dedicato agli studenti delle scuole superiori ma anche dell’indagine condotta su 6mila individui durante i mesi di chiusura e lockdown a causa del Covid-19, l’agenzia di stampa Dire ha intervistato Agnese Cattaneo, chief Medical officer Angelini Pharma.


‘Nodi’, il primo podcast dedicato ai pazienti affetti da disturbi mentali e ai loro caregiver. Come nasce l’idea di questo progetto e come si articola?

L’idea nasce dalla volontà di dare voce e visibilità a quei rapporti e dinamiche che non sono del tutto riconosciute o visibili a molti di noi. Quando si parla di centralità del paziente non possiamo dimenticare di tenere in considerazioni anche le emozioni e le attenzioni che servono al paziente da parte di chi lo accudisce. L’idea è di focalizzarsi sulle energie e le risorse importanti, che i caregiver, parenti o amici, investono quotidianamente. Il podcast si articola su vari episodi ognuno della durata di circa 20 minuti nei quali si alternano diversi personaggi. A partire dal primo che ha visto protagonista Stefania Buoni, che è una scrittrice e attivista nell’ambito della salute mentale, la quale ha avuto l’opportunità direi di vivere con dei genitori entrambi affetti da disturbo psichico. Questo suo vissuto l’ha portata a fondare l’associazione ‘Comip’. Il secondo podcast è dedicato a Marta, mamma di un bimbo di sei anni affetto da epilessia che ci consentirà di raccontare la condizione vissuta non solo nella prospettiva di madre ma anche di caregiver. Nel terzo episodio il protagonista sarà Donato, un ragazzo che ha avuto una diagnosi ‘faticosa’ di schizofrenia all’età di 26 anni e ora si occupa di assistenza sociale. Tutte storie che possono insegnarci davvero molto.

‘Le relazioni con gli altri ci salvano’, sembra questo il ‘leitmotiv’ che anima le varie testimonianze raccolte in ‘Nodi’. Ma a volte la vergogna e lo stigma nei confronti di queste patologie creano sofferenza e rendono ‘difficili’ le relazioni con il mondo esterno. Secondo lei come le istituzioni e la società dovrebbero sostenere di più e come questi pazienti e i loro caregiver?

Vorrei riflettere partendo dal concetto del nodo. Il nodo ha una valenza positiva di solidità e di salvezza quando è in grado di sorreggerci ma può diventare anche un groviglio. Dal mio punto di vista, sia le istituzioni che ognuno di noi nella quotidianità dovremmo trasformare tutti i grovigli in nodi e impiegare risorse nel dare l’opportunità a chi si occupa di pazienti e soggetti con disagi psichici ma anche neurologici. L’obiettivo dovrebbe essere quello di rafforzare il rapporto senza complicazioni e dispersione di energie inutili. Peraltro la stigmatizzazione è per definizione uno spreco di energie, e una negativizzazione di questo nodo che deve solo possedere secondo me a una accezione positiva. Come le istituzioni possano farlo? Ripeto, focalizzando le risorse e gli sforzi.

L’educazione in realtà parte in tenera età e un ruolo importante è ricoperto dalla scuola. Il vostro progetto ‘Ma sei fuori’ dedicato ai giovani quale obiettivo persegue?

È stato un progetto che mi ha divertita molto, perché nelle persone più giovani c’è tanta energia da convogliare in un progetto positivo. L’idea infatti è stata quella di coinvolgere gli studenti delle scuole superiori di tutto il territorio nazionale in un contest con l’obiettivo di sviluppare uno slogan per contrastare la stigmatizzazione. Questo per dare loro maggiore consapevolezza sull’esistenza dei disturbi mentali e allontanare lo stigma. La risposta è stata buona, tanto che hanno partecipato ben 104 istituti. Lo slogan individuato, che si riconnette alla questione del nodo di cui parlavamo prima è: ‘Se la mente si allontana tu restami vicino’. Lo trovo molto vero e mi auguro che come Angelini saremo in grado anche in futuro di supportare ulteriori attività di questo tipo”.

Secondo l’Oms sono un miliardo le persone nel mondo che sono affette da un disturbo psichico, un problema acuito tristemente da questa pandemia. Come azienda farmaceutica da sempre siete impegnati nella ricerca e nello sviluppo di farmaci per il trattamento dei disturbi mentali. Ci sono informazioni sul trend di utilizzo di tali farmaci in questi mesi?

“Ci sono tante informazioni sugli aspetti di salute mentale e di avvicinamento, e non solo di utilizzo, a farmaci che agiscono nell’ambito della salute mentale proprio in questi mesi. Come Angelini Pharma non abbiamo dei dati specifici che riguardano i nostri farmaci, dedicati peraltro a delle condizioni psichiatriche molto specifiche. Devo dire che un dato che mi ha colpita in questi mesi è quello offerto dall’Oms che ha ‘disseminato’ in 130 Paesi una survey chiedendo quale fossero state eventuali problematiche nell’ambito della cura dei disturbi psichici e il 93% dei Paesi rispondenti ha evidenziato un dato, più o meno elevato, di ‘disruption’ nei servizi per la salute mentale. Come non potrebbe essere un problema? Sicuramente qualsiasi numero e dato che noi possiamo considerare in questi mesi credo che sia peraltro una sottostima del fenomeno. Noi stessi abbiamo promosso una survey in 6 Paesi europei coinvolgendo 6mila individui in rappresentanza della popolazione generale. Abbiamo constatato perciò che circa il 60% della popolazione, soprattutto in Italia, Spagna e Gran Bretagna, nella prima ondata ha accusato difficoltà a causa della pandemia. Tanto che un elevato numero di persone hanno riposto di aver provato un disagio psicologico per almeno 15 giorni consecutivi in queste fasi di lockdown e nel corso di tutta la pandemia. Un dato davvero preoccupante, anche perche’ non tutte queste persone sono state in grado di rivolgersi a uno specialista. Al di la’ del farmaco dobbiamo pensare all’impatto di questa pandemia sulla salute mentale”.

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Da Dire.it

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