Cacciatori ‘liberi’ in tre regioni, ira degli ambientalisti: “Non rispettano norme Covid”

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ROMA – Divieto di spostamento nel rispetto delle norme anti-Covid? Non per tutti. Umbria, Molise e Sardegna, infatti, hanno adottato dei provvedimenti che consentono la libera circolazione dei cacciatori. Il motivo? Quella venatoria sarebbe un’attività necessaria per eliminare la fauna pericolosa. Le associazioni ambientaliste, però, non ci stanno : “Le motivazioni sono irrisorie, la caccia- che non è nemmeno un’attività sportiva- va fermata”.


WWF: “ORDINANZE REGIONI NON GARANTISCONO SALUTE PUBBLICA”

“Per contrastare le ordinanze regionali che danno la possibilità ai cacciatori di spostarsi liberamente anche al di fuori del proprio comune per praticare un’attività ludica, perché tale è la caccia, Wwf Italia ha presentato due esposti che sono stati sottoposti all’attenzione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri competenti. L’obiettivo è prevedere una disciplina unitaria in tutte le regioni”. Questa la posizione di Patrizia Fantilli, direttore dell’ufficio legale del Wwf Italia, sui recenti provvedimenti regionali varati da Umbria, Molise e Sardegna che permettono ai cacciatori di spostarsi liberamente all’interno della propria regione per praticare l’attività venatoria, a prescindere dalle fasce pandemiche definite a livello governativo. “Le ordinanze regionali- ha detto Fantilli parlando con la Dire- non rispettano il principio di uguaglianza previsto dall’articolo 3 della Costituzione e vanno anche in contrasto con la salute pubblica. Per questo motivo è necessario fermare senza esitazione la caccia ai cinghiali, un’attività che prevede la partecipazione di gruppi numerosi di persone e che va, dunque, in contrasto con le regole anti-Covid”. “I presidenti di Regione giustificano questa concessione sostenendo che la caccia sia una esigenza necessaria perché capace di eliminare la fauna pericolosa. In realtà sono le guardie provinciali ad avere questa competenza e non semplici privati cittadini“, ha argomentato Fantilli.
“Come Wwf abbiamo già ottenuto una vittoria in Campania. In questa regione, infatti, era stato recentemente prolungato il periodo in cui è possibile cacciare. Il Tar ci ha dato ragione, bocciando il provvedimento della Regione Campania”, ha concluso il direttore dell’ufficio legale del Wwf Italia.

LEGAMBIENTE: “FERMARE REGIONI, CRITERIO SANITARIO PRIORITARIO”

Legambiente ha assunto una posizione critica verso le recenti ordinanze regionali varate da Umbria, Molise e Sardegna che permettono a chi pratica attività venatoria di spostarsi senza vincoli all’interno del territorio regionale, a prescindere dalle normative anti-Covid. “Il criterio che deve prevalere è quello sanitario. La caccia di massa viene praticata in gran parte delle regioni italiane, questa concessione regionale va in netto contrasto con le restrizioni attuali e crea disparità di trattamento tra i cittadini”. Così Antonino Morabito, responsabile Legambiente nazionale del settore Fauna e Benessere animale, raggiunto dall’agenzia Dire. “La caccia- ha aggiunto- non è una disciplina sportiva riconosciuta dal Coni. Uccidere animali per passione non è più eticamente accettabile”. “Riteniamo che ci siano, inoltre, controlli inadeguati in Italia sulla regolarità dell’attività venatoria. I documenti dei cacciatori raramente vengono sottoposti al vaglio delle autorità competenti. Inoltre, soprattutto nelle zone di confine, la loro presenza produce disagio e insicurezza tra i cittadini”, ha concluso Morabito.

LIPU: “CONNIVENZA TRA REGIONI E ASSOCIAZIONI VENATORIE”

“Le ordinanze varate da Umbria, Molise e Sardegna che consentono ai cacciatori di spostarsi senza restrizioni nel territorio regionale, sono il simbolo della connivenza tra le associazioni venatorie e i dipartimenti regionali“. Questa la posizione di Danilo Selvaggi, direttore generale Lipu, intervistato dall’agenzia Dire. “Le ordinanze- ha aggiunto- sono il risultato delle pressioni ricevute dalle Regioni da parte delle associazioni dei cacciatori. Hanno trovato diversi espedienti per giustificare i provvedimenti. Si è provato a dimostrare per esempio, ma in modo fallimentare, che la caccia sia un’attività sportiva. In realtà non è riconosciuta dal Coni come tale. Le motivazioni, dunque, sono del tutto irrisorie, ha concluso il dg della Lipu.

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Da Dire.it

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