A Roma c’è una porta magica: dove si nasconde

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Nel pieno centro storico di Roma, tra la Basilica di Santa Maria Maggiore, la Domus Aurea, San Giovanni in Laterano e la Stazione di Roma Termini, c’è un luogo sconosciuto ai più che nasconde un incredibile mistero.


Eppure, di turisti in questa zona ne passano tanti. Ma questo luogo nascosto è conosciuto solo ad alcuni romani che ci vivono o che ne han sentito parlare.

Una Porta magica che qualcuno chiama Porta alchemica o Porta ermetica o ancora Porta dei cieli che si trova in un edificio nei giardini di piazza Vittorio Emanuele II.

La storia della Porta magica

La fece costruire Massimiliano Savelli Palombara, marchese di Pietraforte a metà del XVII secolo per la propria casa, Villa Palombara, che allora era una residenza di campagna sul Colle Esquilino e che ora, con lo sviluppo edilizio della città, è diventato pieno centro.

L’interesse di Savelli per l’alchimia nacque in seguito alla frequentazione della Corte romana della Regina Cristina di Svezia, grande appassionata di alchimia e di scienza. E pare che il marchese dedicò proprio alla sovrana la Porta magica, per celebrare una trasmutazione alchemica avvenuta nel laboratorio del Palazzo reale.

Le porte inizialmente erano cinque, ma solo una è rimasta in piedi.

La leggenda della Porta alchemica

A questa porta sono legate alcune leggende. Secondo una di queste, l’alchimista Giuseppe Francesco Borri, che era stato accusato dalla Santa Inquisizione di eresia, in un momento di semilibertà dal carcere di Castel Sant’Angelo venne ospitato per una notte a Villa Palombara.

L’uomo approfittò del buio per perlustrare i giardini, in cerca di un’erba misteriosa, in grado di produrre oro. All’alba, fu visto scomparire attraverso la porta: di Borri non rimase nulla, solo qualche pagliuzza d’oro, frutto della riuscita trasmutazione, e una pergamena piena di simboli magici con scritto il segreto della pietra filosofale.

Il marchese Savelli, grande appassionato di alchimia, tentò di decifrare il manoscritto, ma non vi riuscì. Decise, così, di renderlo pubblico, facendo incidere i simboli sui muri e sulle porte della sua magione, nella speranza che qualcuno un giorno potesse tradurli.

Triangoli, piramidi, pianeti, sigilli e iscrizioni varie, tutte riconducono ad antichi testi di alchimia. La porta si leggerebbe, quindi, come un monumento che segna il passaggio storico del rovesciamento dei simboli del cristianesimo esoterico verso un nuovo modello spirituale che si stava sviluppando nel Seicento.

 

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